Borgogna 2024. Un futuro da riscrivere tra mercato interno ed internazionale e sfida ambientale.

(di Bernardo Pasquali). La Borgogna ha passato momenti storici strategici che ne hanno decretato la configurazione come la conosciamo oggi. A partire dalla restaurazione delle vigne da parte dei monaci Cistercensi e Cluniacensi, a cavallo tra il X e l’XI secolo, si passa per la ripartizione popolare delle proprietà durante la Rivoluzione francese, fino ad arrivare alla prima definizione di climat e la ridefinizione parcellare delle vigne da parte di Jules Lavalle nel testo Histoire et Statistique de la vigne et des Grand vins de la Côte d’Or pubblicato nel 1855.

Infine due passaggi fondamentali per la valorizzazione dei vini sono stati la grande opera di divulgazione post Seconda Guerra Mondiale da parte dei principali negotiants della Confrerie du Tastevin e il riconoscimento dei Climats da Dijon a Santenay come Patrimonio Materiale dell’Umanità UNESCO nel 2015.

Dal 2020 in poi il mondo è cambiato e la Borgogna sta vivendo, come moltissime altre denominazioni internazionali, un momento storico di forte riflessione e ricollocazione sul mercato interno e quello internazionale. L’effetto del cambiamento dei consumi da parte delle nuove generazioni francesi ed internazionali e la crisi di consumo dei vini rossi, soprattutto da parte dei mercati nordamericani, stanno orientando il sistema Borgogna verso nuove scelte strategiche. L’effetto, infine, da non sottovalutare, del cambiamento climatico, sta portando non pochi disagi alla classica, lenta e silenziosa ripetitività della viticoltura dei vignerons.

Il mercato dei vini di Borgogna nel 2023 e primo semestre 2024 cala ma il valore tiene!

Le esportazioni francesi di vino hanno perso l’equivalente di quasi 190 milioni di bottiglie nel 2023 rispetto alla media degli ultimi 5 anni. Un dato che ha messo in difficoltà alcune denominazioni che hanno perso quote di mercato e competitività. Anche la Borgogna nel 2024 ha segnato un valore negativo dovuto principalmente a due annate negative da un punto di vista quantitativo come la 2021 e la 2022, un contesto sociopolitico internazionale che non ha favorito gli acquisti e un cambio generazionale che sta spostando i consumi verso fenomeni culturali come “damp drinking” e consumo consapevole.

Il 2023, invece, sarà ricordato come un anno di grande ripresa quantitativa dei volumi in Borgogna che la porteranno a valori mai raggiunti negli ultimi 20 anni con una disponibilità per cantina aumentata del 12% in volume rispetto alla media delle ultime 5 vendemmie. Da un punto di vista di consumi la Borgogna è uno dei sistemi vitivinicoli francesi che ha vissuto, negli ultimi 10 anni una costante crescita delle vendite nei mercati internazionali, riposizionandosi su alcuni segmenti meno elitari che, fino a pochi anni fa erano inesplorati. Facciamo l’esempio del boom dei Borgogna regionali e dei Cremant che, grazie a prezzi più abbordabili, riescono a penetrare una middle class altrimenti fortemente penalizzata.

Nel 2023, anche se i volumi delle esportazioni di vino della Borgogna sono in calo (- 6% nel 2023/2022), rimangono equivalenti alla media degli ultimi 10 anni (-0,6% in volume/media decennale). Resta stabile il fatturato per il 4° anno consecutivo sopra il miliardo di euro (1,5 miliardi ovvero -0,3%/2022). I consumatori francesi inoltre stanno cambiando il mercato del vino. Le vendite nella grande distribuzione francese è calata nel 2023: -5,6% per i vini AOC e in particolare -9,4% per i vini di Borgogna.

Allo stesso tempo, i canali distributivi più tradizionali hanno ripreso un’attività più redditizia per i vini della Borgogna. Nel 20222, la Borgogna si è ripresa più velocemente di altri vigneti: + 37% rispetto al 2021 per le vendite all’ingrosso e Cash&Carry sui canali distributivi più tradizionali.

Gestione collettiva, cambio generazionale e ricerca di innovazione, le strategie per il futuro

Si dice sempre che i francesi sanno fare sistema, soprattutto nel comparto agroalimentare e in quello del vino. La Borgogna ne è un esempio e, passate le discordie tra negotiants e vignerons dei primi del Novecento, oggi il loro senso di appartenenza è forte e decisamente vincente. Viste le grandi variazioni produttive in senso quantitativo che hanno caratterizzato gli ultimi 5 millesimi, si è puntato molto di più alla condivisione delle produzioni delle varie proprietà.

La gestione collettiva dei mosti e delle uve in Borgogna è una pratica che dal 2022 sta interessando numerose proprietà. Grazie al generoso raccolto del 2023 l’aumento delle vendite di sfuso tra mosto e uve ha raggiunto un +8% (2023-2024 su 2021-2022).

In Borgogna si sta avviando un forte cambio generazionale dove le proprietà vengono prese in mano dai figli con idee nuove e voglia di “svecchiare” un pò la denominazione. Interventi che partono dalla ridefinizione degli stili produttivi, soprattutto per i profili Regional e Villages, con più freschezza, croccante del frutto e contenimento dei gradi alcolici.

Una presenza quasi costante in tutte le cantine di almeno un Cremant che aiuta nella penetrazione dei mercati nuovi. L’acquisto di nuove proprietà in zone della Borgogna più abbordabili anche dal punto divisa dei prezzi finali in bottiglia. ed ecco quindi che la Cote Chalonnaise, prima snobbata dalle grandi maison e dai vigneron più influenti, oggi, con le nuove generazioni tende e ritrovare una sua dignità e un suo posto preciso nel carnet produttivo aziendale.

Tecniche di vinificazione che proiettino il vino ad una maggiore bevibilità anche dei villages più importanti della Côte d’Or. L’uso della macerazione carbonica naturale con l’utilizzo sempre più frequente dei grappoli interi nelle fermentazioni dei mosti per ottenere strutture polifenoliche più importanti e moderne. Ne sono un esempio alcuni premiere Cru del prestigioso domaine Jacques Prieur a Meursault oppure gli Aloxe Corton di Rapet Pere et Fils di Pernand Vergelesses. I Pommard di Georges Juillot e i Bourgogne Villages di Faveley.

Crescono del 20% i consumi in Italia

Possiamo dire senza ombra di dubbio che l’Italia sta aiutando la Borgogna a ridurre il segno negativo delle esportazioni. I vini di Borgogna sono presenti in 175 dei 197 paesi dell’ONU, con il 64% rappresentato dai vini bianchi.

Gli 87 milioni di bottiglie esportate dalla Borgogna nel 2023 sono destinate principalmente a tre regioni geografiche che da sole rappresentano il 75% dei volumi per il 72% del fatturato.

• Zona geografica dell’Europa (Regno Unito, Belgio, Svezia, Danimarca e Norvegia): la maggiore in termini di volumi e fatturato (il 33% dei volumi ha generato il 26% del fatturato della Borgogna per l’esportazione).
• Zona Nord America con Stati Uniti e Canada che figurano nelle prime 3 destinazioni l’export, ovvero il 1° e il 3° mercato in volume: 29% dei volumi e 24% del fatturato delle esportazioni di vino della Borgogna nel 2023.
• Zona Asia (Giappone, Cina, Hong Kong e Corea del Sud): la maggiore crescita del fatturato, cioè + 61% / media degli ultimi 10 anni. Rappresenta il 13% dei volumi e il 22% del fatturato

.Nel 2023 l’Italia rappresenta l’1,7% in valore e l’1,8% in volume di tutto il vino venduto all’estero. si è passati da 1.360.000 bottiglie vendute nel 2022 per un totale di 21.645.000€ a 1.541.000 bottiglie per un totale di 26.160.000€ nel 2023, con un incremento del 13,3% in volume e 20,9% in valore.

@bernardopasquali

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