Cattolica: confronto a distanza fra i due candidati al Cda. Ferraresi vs Giangrande che chiede discontinuità

In piena campagna elettorale per un posto in Cda da assegnare all’assemblea straordinaria di fine luglio, i candidati della lista 1 – Carlo Ferraresi, attuale dg di Cattolica ed espressione del cda attuale – e della lista 2 – Michele Giangrande – hanno fatto sentire oggi la loro voce. Il primo, dalle colonne del Siole 24 Ore; il secondo con una lettera aperta. Ferraresi, che ha iniziato la sua carriera nelle Generali, ha spiegato le ragioni dell’infungibilità di Generali come cavaliere bianco di Cattolica, messa sotto scacco dall’Autorità di vigilanza per il suo indice di solvibilità, ma soprattutto: «L’opzione Generali – questa una delle dichiarazioni di Ferraresi al quotidiano di Confindustria – è la migliore opzione possibile, poiché tutela soci, persone, agenzie e territorio. L’aumento di capitale dobbiamo farlo, ce lo ha imposto l’Ivass e con tempistiche strette. Tutti quelli che si sono avvicinati al dossier avevano posto come condizione la trasformazione in spa. L’assemblea è sovrana. Però l’aumento di capitale va fatto e se lo faremo con la struttura della cooperativa corriamo un rischio altissimo: di sicuro ci sarà una forte pressione sul titolo e non si può escludere che qualche fondo faccia un’offerta aggressiva soggetta alla trasformazione in spa. Tema che, per forza di cose, tornerà poi di nuovo sul tavolo».

A spingere verso l’accordo col Leone di Trieste anche Warren Buffet, ovvero l’azionista col numero più alto di azioni in mano e che, se prima era contrario all’aumento di capitale, oggi con la spa in avvicinamento a tappe forzate ed un partner di peso a mettere in sicurezza il suo investimento sembra più bendisposto: «Nelle ultime settimane abbiamo intensificato i colloqui con loro. È soddisfatto e oggi voterebbe a favore (dell’aumento di capitale. NdR). Sono anche certo che voterà a favore della trasformazione in spa» sottolinea Ferraresi.

Michele Giangrande invece punta sulla trasparenza dell’operazione e chiede al presidente Paolo Bedoni se corrisponde al vero, o meno, l’esistenza di un accordo segreto fra Generali e Cattolica e le ragioni del brusco stop al negoziato con Vittoria Assicurazioni. «Così Generali – scrive Giangrande – conquista Verona sborsando appena il 12,76% del patrimonio di Cattolica. E’ un prezzo congruo? è vantaggioso per i soci? Dove andranno a finire gli oltre mille dipendenti? quelli che seguono gli Enti religiosi e l’agroalimentare – gli unici sicuri di restare a Verona – sono una trentina di persone. E gli altri? Il presidente Bedoni deve smentire le voci di accordo segreto oppure spiegare ai soci esattamente cosa questo prevede. Molti soci si sono fidati delle promesse del presidente Bedoni, la realtà si è rivelata troppo diversa ed oggi i nodi vengono al pettine».

Da qui a fine mese sono attese altre puntate: Giangrande in un’altra intervista ad un media locale ha chiaramente fatto riferimento agli alti costi di management ed organi direttivi, a ben quattro piani industriali disattesi negli ultimi anni a conferma di una “gestione opaca” e si è chiesto polemicamente che fine hanno fatto i 500 milioni dell’ultimo aumento di capitale del 2014 che dovevano essere necessari per una politica di acquisizioni. «Serve discontinuità – sottolinea Gingrande – nella guida della compagnia come evidenzia la Borsa: nel 2017 il titolo era quotato 14.5€, il triplo del valore odierno». Fra dieci giorni, il redde rationem in assemblea.

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