“Ci vuole orecchio”, l’allegria e la malinconia di Jannacci. Nell’omaggio di Elio al Salieri c’è la Milano delle periferie

Elio sbarca al Salieri e fa spettacolo vero con un omaggio al grande Enzo Jannacci, scomparso dieci anni fa. “Ci vuole orecchio” è un viaggio nel mondo musicale del cantante-chirurgo milanese intrapreso da un altro milanese doc, che stavolta canta e recita il “poetastro”, come amava definirsi. Uno spettacolo giocoso e profondo, perché “chi non ride non è una persona seria”. In programma per la stagione “RallegrArti” del teatro di Legnago venerdì 27 gennaio alle 20.45.

Il “Buster Keaton della canzone” di Lambrate verrà rivisitato, reinterpretato e ricantato dal leader delle Storie Tese Stefano Belisari, da tutti conosciuto come Elio. Jannacci è stato il cantautore più eccentrico della storia della canzone italiana, in grado di intrecciare temi e stili apparentemente inconciliabili: allegria e tristezza, tragedia e farsa, gioia, malinconia. Ogni volta il suo sguardo poetico e bizzarro è riuscito a spiazzare e stupire. Al tempo stesso popolare e anticonformista, Jannacci è anche l’artista che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare la Milano delle periferie degli anni Sessanta e Settanta, trasfigurandola in una sorta di teatro dell’assurdo.

Elio (che in realtà si chiama Stefano Belisari) per una volta
senza le Storie Tese venerdì 27 al Salieri per “Ci vuole orecchio”,
il concerto-spettacolo dedicato a Enzo Iannacci

Un palcoscenico reale, realissimo e toccante, dove hanno trovato posto miriadi di personaggi picareschi e borderline, ai confini del surreale. «Roba minima», diceva Jannacci perché non amava prendersi troppo sul serio: barboni, tossici, prostitute coi “calzett de seda”, ma anche cani coi capelli o telegrafisti dal cuore urgente. Sul palco, nella coloratissima scenografia disegnata da Giorgio Gallione, ci saranno anche cinque musicisti che formeranno un’insolita e bizzarra carovana sonora: Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono, Giulio Tullio al trombone.

A loro toccherà il compito di accompagnare lo scoppiettante confronto tra due saltimbanchi della musica alle prese con un repertorio umano e musicale sconfinato e irripetibile, arricchito da scritti e pensieri di compagni di strada, reali o ideali, di “schizzo” Jannacci. Da Umberto Eco a Dario Fo, da Francesco Piccolo a Marco Presta fino a Michele Serra. “È un viaggio dentro le epoche di Jannacci, perché non è stato sempre uguale”, spiega Elio. “Tra i brani in scaletta La luna è una lampadina, L’Armando, El purtava i scarp del tennis. Canzoni da ridere mentre le canti. Ne farò alcune snobbate, come Parlare con i limoni o Quando il sipario calerà. Perché c’è Jannacci comico e quello che ti spezza il cuore, come in Vincenzina o Giovanni telegrafista: risate e drammi. Come è la vita: imperfetta. E nessuno meglio di chi abita nel nostro Paese lo sa”.

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