Cinzia Bonfrisco, Verona può recuperare il tempo perduto, ma serve una squadra unita

Verona ha 12 deputati, 5 senatori, 1 parlamentare europeo e…Cinzia Bonfrisco. Da quando nel 2018 è stata eletta in Lazio e l’anno dopo è stata eletta a Bruxelles l’abbiamo persa di vista, ma rimane pur sempre una dei politici veronesi di lungo corso e di maggior spessore. E’ di Peschiera, dove ha iniziato la sua brillante carriera politica facendo consigliere comunale del Psi, corrente craxiana. Poi nel ’94 ha aderito a Forza Italia, dove ha avuto incarichi nazionali finché nel 2006 è stata eletta in Senato, dov’è stata confermata quattro volte. Infine l’elezione Europa nella circoscrizione dell’Italia centrale nelle liste della Lega. A Bruxelles segue tre delicati dossier: bilancio, relazioni con Israele e con la Nato. Ha seguito con grande passione civile, impegnandosi tutt’ora in prima persona, il conflitto afghano e l’abbandono del governo di Kabul da parte degli Usa.

Onorevole Bonfrisco, è dal 2018 che manca da Verona. Non si sarà mica dimenticata della sua Verona?

Impossibile dimenticare la città che si ama e anche se il lavoro o gli impegni politici ci portano lontani il legame con Verona resta saldo nel cuore di tutti. Per me significa pensare a Verona nel panorama europeo e trovare sempre nella nostra città le potenzialità di un crocevia culturale ed economico ancora tanto da valorizzare. Verona ha avuto importanti vantaggi dalla sua posizione, ma il resto lo hanno fatto i veronesi con la loro proverbiale operosità.

Lei è stata fra i primi a percepire la fine del ciclo berlusconiano, ha lasciato Forza Italia e, sempre rimanendo coerentemente nel centrodestra, oggi è nella Lega. Come si trova?
Come ci si sente quando si è accolti in una grande famiglia.  Mi ero più volte confrontata con Salvini e Giorgetti durante il triste smarrimento di Forza Italia che rincorreva Renzi in quel patto del Nazareno che avrebbe finito per deludere la fiducia degli elettori di Forza Italia. In quel vuoto politico è cresciuto il ruolo e il consenso attorno ad una Lega di governo guidata con vitalità da Matteo Salvini. Collaborare alla realizzazione del centro destra che governa assumendosi forti responsabilità in capo ad una generazione più giovane mi fa sentire parte di una sfida utile al Paese. Le importanti riforme per la modernizzazione richiedono lo sforzo di tutti, a partire da noi.
Se la mia esperienza può essere utile alla progettualità di Matteo Salvini sono felice di questo. Il lavoro parlamentare dei leghisti è di eccellente qualità, come quello di tanti amministratori locali guidati da un principio saldissimo: prima viene l’interesse dell’Italia delle nostre comunità e dopo viene quello di partito. È questa priorità che rende la Lega forte e unita.

La sua storia politica attraversa la 1^ e la 2^ Repubblica. E anche la 3^, se così vogliamo definire quella dalla destituzione di Berlusconi in poi. Ritiene che la democrazia in questo arco di tempo si sia indebolita o rafforzata?

Il superamento delle ideologie, dalla caduta del muro di Berlino in poi, ci ha privato di un solido ancoraggio all’idea di società intrinseco nei grandi progetti politici derivanti da quelle matrici ideologiche, incanalate da una solida democrazia. Pensavamo di esserci tolti un peso e però, ad un certo punto, ci siamo trovati senza radici e l’albero della vita politica si è velocemente seccato. 
Abbiamo creduto che il funzionamento degli apparati economici sarebbe bastato a mantenere la nostra democrazia, ma quando il vento della globalizzazione ha cominciato a soffiare forte, imponendoci i suoi modelli mercatisti, l’albero non aveva più la forza di proteggere i valori fondamentali di una società giusta, dove tutti possono trovare la loro opportunità. Qualcuno, per reazione, ha provato a sostenere l’idea di una decrescita possibile, se non felice. Ma le società trovano solo nel progresso della democrazia sostanziale il benessere e il ben vivere, sia che si tratti di diritti civili o sociali.

Psi, Forza Italia, Lega: partiti che hanno lasciato il segno nella storia italiana. Come vede oggi la forma partito? Rimangono un momento necessario all’esercizio della democrazia rappresentativa o sono superati?

I partiti di oggi, soprattutto quelli che dovrebbero avere nel loro patrimonio culturale gli strumenti per superare questa lunga crisi, rincorrono modelli che non appartengono alla costruzione filosofica e politica capace di generare radici e legittimarli agli occhi dei cittadini.
È necessario che i partiti si riprendano il loro ruolo senza scimmiottare il mestiere di altri. Riprendano il rapporto con la cultura che il nostro Paese sa ancora generare, riprendano il filo del ragionamento politico per le comunità che vogliamo veder crescere nel cosiddetto villaggio globale.  Producano proposte politiche adeguate per mettere al sicuro il futuro delle nostre società sfilacciate dalla finanza globale digitalizzata alla quale abbiamo consentito di diventare più forte persino degli Stati. 
L’articolo 49 della nostra Costituzione ci aiuta a ricordare come si rende sostanziale il dialogo con i cittadini, perché le elezioni non sempre bastano. Senza il reale diritto dei cittadini ad associarsi per orientare le scelte politiche di un Paese i partiti si spengono e senza i partiti non riprende il cammino della democrazia. 

A volte da lontano si vedono meglio le cose che da vicino. Come vede la situazione di Verona dal suo osservatorio europeo? 
La vedo sempre nella congiuntura fortunata di poter sviluppare tutto il suo potenziale di città europea. Una capitale di cultura e di economia che deve solo investire per valorizzare i suoi asset realizzati da chi ha lavorato per Verona in passato. Alcune solide eredità infrastrutturali sono andate perdute. Abbiamo perso catene di valore strategiche (dall’aeroporto, alle autostrade e, soprattutto, le banche dissolte nella grande abbuffata finanziaria).
Oggi possiamo però giocare la carta della nostra attrattività economica, grazie alla capacità delle nostre imprese, a quella culturale e turistica, grazie alla capacità di un’offerta racchiusa nello scrigno del nostro territorio. Il Pnrr deve vederci pronti con progetti qualificanti e rapidamente realizzabili. Auspico che la prossima tornata elettorale discuta di questo con i veronesi: un piano strategico per attrarre investimenti garantendo buona amministrazione, efficiente burocrazia e vantaggi fiscali per chi investe a Verona e il suo spirito innovativo nel panorama europeo.
Forse è arrivato il momento di candidare una squadra determinata e motivata e non di dividerci solo tra questo candidato o quella candidata al ruolo di sindaco. Una squadra unita vince e vince con la città. 

Andrea Borchia, l’unico deputato europeo veronese è del suo stesso partito. Possiamo contare sul fatto che, pur eletta in altra circoscrizione, facciate squadra per il bene di Verona?
È sempre un piacere condividere con Andrea Borchia le iniziative che assume spesso nel Parlamento Europeo a favore di Verona. Ci unisce la volontà di restare fortemente ancorati alle nostre comunità nell’Europa dei popoli che vorremmo crescesse, senza cedere sempre a logiche che hanno portato spesso l’Europa a non essere riconosciuta dai cittadini come davvero utile. Tante sono state le occasioni perdute dall’Europa in questi anni ma restiamo fiduciosi sulla possibilità di progredire e proteggere ancora l’Europa unita dai Trattati dalle  moderne minacce, cosiddette ibride,  alle nostre società e alle nostre economie.

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