Cosa c’è ancora nell’ispezione Ivass su Cattolica? H-Farm e la gestione delle assemblee

(di Stefano Tenedini) Ogni giorno ha la sua pena, dice il proverbio. È più o meno quello che gli ultimi mesi stanno riservando a Cattolica Assicurazioni, che dopo aver perso le speranze di rimanere un pilastro dell’economia del territorio, dopo avere smesso di rappresentare il solido salvadanaio dei risparmi dei veronesi e dei soci, e dopo aver alzato bandiera bianca davanti alle fauci del Leone di Trieste, oggi deve affrontare a capo chino anche i rimproveri dell’Ivass, l’istituto di vigilanza delle assicurazioni. Senza contare poi la Borsa, dove il titolo ha perso il 15% nelle ultime sette settimane di passione Ce n’è sempre una. Sui quotidiani nazionali, le agenzie di stampa e i siti di analisti e osservatori ormai sembra quasi ci sia una specie di rubrica fissa: piatto del giorno, i guai di Lungadige Cangrande.

Vediamone una carrellata. Per Il Sole 24 Ore le notizie di rilievo sono due, e belle pesanti, Nel mirino dell’Ivass (un dossier definito “il vasto registro dei rilievi dell’Autorità”) pare ci siano nientemeno che le assemblee, anzi, “la dinamica di svolgimento delle assise”: con che sottintesi e implicazioni lo lasciamo all’immaginazione di lettori, azionisti e soci. Nella seconda notizia del quotidiano economico si sottolinea come la compagnia potrebbe farsi suggerire da un consulente come stilare la lista del nuovo consiglio di amministrazione: se lo ha chiesto Ivass, insieme all’impegno di farlo in fretta, non è un bellissimo segnale.

Dalle colonne di Milano Finanza apprendiamo poi che tra i nodi venuti al pettine dopo la lunga ispezione della Vigilanza c’è anche l’investimento in H-Farm, che tra l’altro era stata una delle principali ragioni di conflitto tra il presidente Bedoni e l’ex AD Minali. Ma in che senso? Non sono ancora disponibili dettagli precisi, ma si fa notare che il rapporto sarebbe stato gestito “secondo logiche diverse da quelle economiche”: parole chiare ma indirette per giudicare la perdita di 25 milioni negli ultimi sette anni. In altri termini Cattolica non si sarebbe tutelata dal rischio di investire in un incubatore di start-up digitali, considerando magari altri ritorni meno concreti ma più vantaggiosi: immagine? relazioni? E si dovranno riprendere in mano molti momenti del recente passato, tra cui i 7 milioni a fondo perduto investiti poco più di un anno in H-Farm, oppure la struttura societaria del fondo H-Campus (al 60% di Cattolica) situato dentro Ca’ Tron, la tenuta agricola dalla compagnia.

In tutto questo tintinnare di sciabole, gli analisti non sanno più cosa dire ai loro clienti, che ai casini di Cattolica pensano soprattutto in termini di remunerazione delle azioni e valore del titolo. E pochi sanno leggere nella sfera di cristallo. Da un lato l’azzeramento del CdA sarebbe gradito agli investitori e potrebbe accendere l’interesse dei mercati. Ma dall’altro l’Ivass ha chiesto anche di proseguire con il rafforzamento patrimoniale: e cioè 200 milioni di aumento e la cessione entro l’anno di oltre 20 milioni di azioni ricomprate dagli azionisti che hanno scelto il recesso. E ciò potrebbe stressare il prezzo delle azioni e raffreddare la prospettiva di una migliore politica di dividendi, in un’ottica prudenziale. Fatto sta che non ci sono analisti che oggi consiglino di comperare Cattolica. E del resto, conferma Equita, la stessa Ivass ritiene inadeguate le scelte compiute fin qui da Lungadige Cangrande.

Nel frattempo, invece di restarsene serenamente alla finestra per vedere come va avanti e poi entrare in scena per dire la parola fine sui primi 125 anni di Cattolica, le Generali fanno shopping, a dimostrazione che mentre noi stiamo qui a rimirarci l’ombelico per la finanza globale “c’è tutto un mondo intorno”, come cantavano i Matia Bazar. Cosa fa il Leone? Va a caccia. In Grecia, ad esempio, dove ha annunciato di aver rilevato per 165 milioni di euro le attività di Axa nel Paese ellenico. Si va avanti senza cambiare programmi, fanno sapere da Trieste, Covid-19 o no. A Generali non mancano le risorse per guardarsi intorno e fare dei bei colpi a prezzi di saldo: si parla di 2,5 miliardi dopo averne speso 1,6 per una decina di acquisti in Europa (Grecia e Portogallo a parte, quasi sempre all’Est: Slovenia, Polonia, Slovacchia e Ungheria) ma anche in India. La crisi in fondo è un’opportunità e Generali alza il tiro guardando nientemeno che alla difesissima Francia, puntando ad acquisti di qualità: forse la prossima preda potrebbe essere pescata tra gli asset di Aviva.

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