(di Bulldog) Debito pubblico, buone notizie: l‘Istat certifica che l’economia italiana non sta andando male e che, soprattutto, il debito pubblico ha iniziato un certo qual rallentamento. Non siamo ancora entrati in un percorso virtuoso dato che l’eredità del governo Conte – due manovre clientelari speculari: reddito di cittadinanza, 34 miliardi per avere il voto dei descamisados, e superbonus per le ristrutturazioni immobiliari, 100 miliardi per ingraziarsi e farsi perdonare dai ceti più ricchi – è pesante e condizionerà la finanza pubblica per un periodo di tempo considerevole.

La crescita del PIL nel 2023 dello 0,9% (meglio fa soltanto la Spagna, Francia e Germania sono dietro di noi) porta la nostra ricchezza prodotta a 2.085 miliardi di con una crescita del 17% dall’ultimo bilancio dello Stato firmato da Mario Draghi, il premier che ha preceduto Giorgia Meloni. Era il 2021 e il Pil cubava 1.781 miliardi. Nello stesso periodo, il debito pubblico è cresciuto di un terzo, il 6%, passando da 2.679 a 2.862 miliardi €. Giorgia Meloni riporta la percentuale del debito sul PIL al 137% contro il 154% raggiunto da Giuseppe Conte, siamo comunque lontanissimi da numeri “accettabili” ma almeno l’emorragia sembra fermarsi…

giorgia meloni

La tabella in apertura del servizio mostra la dinamica della crescita di questi due fattori e i premier che ne sono responsabili. Ball dont lies, dicono nel basket: il pallone non mente, se non centra il canestro la ragione c’è e la vedono tutti. Si può ovviamente buttare tutto in caciara, cosa che la politica italiana sa fare molto bene, ma i numeri sono numeri e cosa c’è da pagare è chiaro. Il solo welfare – sanità più pensioni più sostegni al reddito – impegna 406 miliardi.

Coi soldi del superbonus si poteva affrontare una riforma del sistema sanitario e soprattutto di chi lo paga dato che i primi beneficiari – gli over 60 – sono quelli che lo pagano meno o non lo pagano affatto e quindi il sistema andrebbe rivisto in un’ottica di solidarietà generazionale difficile da realizzare senza un cospicuo contributo pubblico. Coi soldi per sistemare villette e castelli privati, si poteva fare qualcosa di più utile per il sistema-Paese, ma tant’è.

giuseppe conte 6

L’Istat certifica che il prelievo fiscale è salito a 886 miliardi€, ben 180 in più rispetto al 2020 a dimostrazione che l’economia cresce e che gli Italiani non sono tutti evasori, anzi. E’ lo Stato che dovrebbe mettere mano alle sue spese e tagliare la giungla dei benefit fiscali che sottraggono altri 100 miliardi che potrebbero essere reimmessi nell’economia in maniera più produttiva: nella difesa del sistema produttivo, nell’incentivare imprese internazionali ad insediarsi da noi, nel completare la dotazione infrastrutturale del Paese e sostenendo la conversione energetica. 100 miliardi spesi così potrebbero creare un volano di lavoro ben più duraturo di quello generato dal superbonus.

Le esportazioni ammontano a 731 miliardi mentre le importazioni si fermano a 702: restiamo un Paese manifatturiero con una grande capacità di penetrazione nei mercati globali e questo fa capire ancora meglio perchè stiamo nel Mar Rosso con le navi da guerra a difendere la capacità di tenuta dell’intero sistema nazionale. Se perdiamo import/export semplicemente non stiamo più in piedi.

Fra i tanti dati quello sul valore aggiunto spiega diversi fatti della cronaca recente: ad esempio, il settore agricolo è tornato in negativo del 2,5% dopo il dato positivo (più 2,4) dell’esercizio precedente; è il quarto segno meno negli ultimi cinque anni. Ecco da dove nasce la protesta degli agricoltori.

Il settore delle costruzioni, invece, registra il terzo segno più consecutivo: più 3,9% dopo il 10,7 e il 20,6 del biennio precedente che aveva chiuso il dato negativo della stagione Covid (meno 5,9 nel 2020). Difesa, istruzione, sanità, servizi sociali e amministrazioni pubbliche realizzano un valore aggiunto negativo dello 0,4% contro il più 0.5 e il più 3.2 del biennio 2021 e 2022