E’ emergenza per le PMI che attendono le prime mosse di Draghi

(di Stefano Tenedini) Un po’ come con i numeri quotidiani della pandemia, anche per i dati economici sembra sempre che dietro le nuvole si inizi a vedere un po’ di sole, poi riprende a piovere. Infatti se il quarto trimestre del 2020 ha chiuso con una leggerissima ripresa per la produzione e il fatturato del Veneto, con flessioni più attenuate a confronto con il 2019, la doccia fredda arriva dalla media dell’anno, che conferma una caduta complessiva di 8,7 punti e aspettative congelate in attesa di avere qualche certezza sulla pandemia, i vaccini e le prime mosse del governo Draghi. È il quadro in chiaroscuro della manifattura veneta, così come lo ha dipinto il rapporto Veneto Congiuntura di Unioncamere sulle opinioni (ma concrete) espresse da oltre 2100 imprese delle sette province. Dalla fotografia emerge la zavorra rappresentata dal secondo trimestre dell’anno scorso, travolto dal lockdown, e la ritrovata vitalità dei mesi estivi. In finale d’anno ancora la curva negativa nel terzo periodo ha reso impossibile compensare le perdite nonostante il buon +2,5% del quarto trimestre.

Su tutto, mentre nuove ondate di contagi e ulteriori varianti del virus mantengono alta la preoccupazione per le prospettive dell’economia e in particolare della manifattura, c’è un dato pesantemente negativo che ci conferma quanto siamo dipendenti dai mercati globali. Il Veneto ha dovuto rinunciare a 6,3 miliardi di export, una quota che può rappresentare il confine tra la sopravvivenza e il declino per migliaia di piccole e medie imprese. Verona, lo sottolinea l’ultimo dato disponibile che prende in esame il periodo gennaio-settembre, ha esportato merci per 8 miliardi (-7,6%) e ne ha importate per 9,7 (+20%). Sintesi della forte contrazione delle attività proprio in una delle province più internazionalizzare del Veneto.

“Nel quarto trimestre l’industria regionale ha retto e ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per uscire dalla fase complicata, ma da sole le imprese non possono farcela”, ha spiegato Mario Pozza, presidente Unioncamere Veneto. “Le parole del presidente Draghi sono un segnale positivo e confortante: siamo d’accordo che non tutte le aziende possono essere salvate, e infatti ci auguriamo che il metodo Alitalia con i miliardi dei contribuenti utilizzati per tenerla in piedi sia sostituito dal sostegno alle imprese virtuose che innovano. Il sistema camerale rimarrà “l’ambulanza delle imprese”, supportandole nell’emergenza e soprattutto per guardare al futuro puntando su digitalizzazione e innovazione”.

Unioncamere rileva che il duro colpo all’industria veneta dipende soprattutto della caduta della domanda interna ed estera conseguente alle misure di contenimento: tra aprile 2020 e giugno il crollo dei valori aveva superato il 20% rispetto al periodo pre-Covid. E il parziale recupero dei mesi estivi (-2,4%) e degli ultimi tre mesi dell’anno (-2,1%) ha contribuito solo a limitare le perdite, ma non a colmare il gap con il quale siamo entrati nel 2021 ancora in assenza di piani per la ripartenza. Non a caso l’indagine Veneto Congiuntura ci mostra tra gli imprenditori una marcata incertezza sull’andamento dei prossimi mesi, considerato “il clima inevitabilmente complesso anche per l’evoluzione sconosciuta della pandemia”.

Verona subisce maggiormente i contraccolpi della crisi perché il suo tessuto territoriale è innervato di migliaia di piccole e piccolissime imprese. A soffrire per l’emergenza sono le imprese tra i 10 e i 49 addetti, mentre quelle medio-grandi oltre i 50 dipendenti registrano flessioni più contenute. Il calo colpisce soprattutto chi produce beni di investimento, con il -3,5%, e di consumo (-2,9%), mentre risulta inferiore alla media la decrescita per aziende produttrici di beni intermedi (-0,6%). A livello di settori evidenziano aumenti di produzione le imprese della gomma e plastica (+3,9%), le altre imprese manifatturiere (compresa la farmaceutica, +2,8%), le macchine elettriche ed elettroniche (+0,6%) e il marmo, vetro e ceramica (+0,4%). Stabile il legno e mobile mentre tutti gli altri comparti mostrano un calo.

I settori messi peggio sono alimentare e bevande (-6,5%), carta-stampa (-4,4%), macchine e apparecchi meccanici (-2,6%), tessile e abbigliamento (-2,4%). Perdite più contenute, con valori nella media, per metalli e prodotti in metallo (-2,2%), e mezzi di trasporto (-1,5%). Il dato positivo è che comunque le imprese non mollano: a fine anno si sono ridotte quelle che registrano una diminuzione del livello produttivo e sono salite quelle che lo dichiarano in crescita: sono arrivate al 48%, considerato che in primavera erano al 15%.

Unioncamere, oltre a raccogliere e rielaborare i dati congiunturali, ha scelto una presenza attiva a sostegno del mondo produttivo. “Abbiamo progetti che accompagnano le imprese alla digitalizzazione, o una newco che facilita l’internazionalizzazione anche attraverso una sinergia con la Regione. Il 2020 è stato un anno molto negativo, e nei prossimi mesi si farà ancora sentire l’impatto del Covid sull’impresa. E per questo”, conclude Pozza, “dobbiamo dare certezze al sistema economico veneto: ci auguriamo che il nuovo Governo coinvolga chi opera sul territorio e rinunci a calare dall’alto scelte come la chiusura improvvisa degli impianti da sci. Per riprendere a correre abbiamo bisogno di essere messi nelle condizioni di farlo: siamo pronti a ripartire e a guardare al futuro, ma servono interventi di sistema e riforme vere. Come dice il presidente del Consiglio non è più un’opzione, è un dovere”.

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