In politica vince chi prevede. Per farlo non ci vuole la sfera di cristallo, basta ragionare, distaccandosi dalle contingenze e dare uno sguardo po’ più in là, a quello che dovrebbe accadere, se non intervengono fatti eccezionali, fra due anni.

Partiamo da Verona. Ci saranno le elezioni comunali. E già qui ci sarebbe da ragionare circa la possibilità o meno di una continuazione dell’attuale formula con Sboarina sindaco. Dipenderà dai partiti. L’epoca del civismo è finita e la palla torna ai partiti, cioè da Lega e Fratelli d’Italia. Quasi contemporaneamente il Parlamento, integrato dai rappresentanti delle regioni, dovrà eleggere il Presidente della Repubblica. Mattarella si riproporrà? Non è poi così decrepito. E al momento, a meno che il deep state non abbia già deciso di mettere Draghi, manca l’alternativa. E nel caso chi lo sosterrà? E se fosse proprio il centrodestra a riproporre Mattarella? Magari, fatti quattro conti, considerato che 14 regioni su 20 sono in mano al centrodestra e che tanti grillini se ne sono andati, gradirebbe. E in cambio potrebbe fare quello che non ha fatto finora per garantirsi una maggioranza: sciogliere le Camere. O subito prima o subito dopo. Ecco allora che nel 2022 potrebbero esserci anche le politiche anticipate. E siccome vincerà il centrodestra c’è la possibilità che Zaia lasci Palazzo Balbi per trasferirsi a Palazzo Chigi. Ecco allora che in Veneto nel 2023 ci sarebbero anche le regionali anticipate di due anni. Una brutta notizia per quei consiglieri regionali che hanno appena finito la campagna elettorale, ma una possibilità concreta.

E’ quindi verosimile che nel giro di un anno noi veronesi siamo chiamati a votare per il Comune, per Camera e Senato e per la Regione, il tutto inframmezzato dall’elezione del Capo dello Stato. Il che significa che nel giro di un anno verrebbero rimesse in discussione tutte le posizioni dei nostri rappresentanti a Palazzo Barbieri, a Venezia e a Roma. Niente male, no? E poi dicono che i politici non fanno niente dalla mattina alla sera!