Giorgia Meloni come Sanna Marin, alle giovani donne è negato il diritto a governare

(di Bulldog) Chi ha qualche anno di più ricorderà certamente il garbo con cui venne trattata donna Vittoria, la moglie di Giovanni Leone, il sesto Presidente della Repubblica Italiana costretto alle dimissioni da un’inchiesta – farlocca e sconfessata dalla storia – : un Presidente su cui si disse di tutto e di più, senza alcun rispetto istituzionale, senza uno straccio di una prova, ma che vide – almeno – la sua consorte tenuta fuori (unica battuta del tempo, è troppo bella per lui…) dalla tormenta di fango che lo colpì.

Oppure, il riserbo con cui la politica italiana protesse la storia d’amore, e la convivenza more uxorio, di Nilde Jotti con Palmiro Togliatti in anni nei quali un funzionario pubblico se scoperto in avventure adulterine (non parliamo nemmeno di divorzio che sarebbe arrivato soltanto nel 1970) vedeva azzerate le proprie possibilità di carriera civile o, peggio, militare.

Adesso invece un moralismo pruriginoso attacca direttamente famiglie e stili di vita dei premier, soprattutto se questi sono giovani donne che hanno conquistato il potere senza aiuti e senza passare dalle alcove altrui e che si pongono come obiettivo quello di cambiare profondamente la propria società.

E’ valso per Sanna Marin, la premier progressista finlandese, classe 1985, messa nel mirino per aver danzato ad una festa privata. Vale oggi per Giorgia Meloni, classe 1977, che nel tritacarne è finita sin dal giorno dell’investitura a premier per le sue scelte familiari e per i comportamenti – al di fuori di qualsiasi contesto istituzionale – del proprio partner.

Non interessano i comportamenti di un soggetto privato, ininfluente nella vita pubblica. In ballo infatti c’è molto di più: c’è la negazione del diritto di una donna di essere leader politico senza venir misurata dalla qualità delle sue relazioni personali; c’è la gioia nemmeno troppo nascosta di vecchi e vecchie progressisti che dopo aver corso la cavallina in gioventù oggi (per invidia e impotenza) negano ai giovani il diritto di fare (molto meno dei loro censori) quello che vogliono nella loro vita privata. C’è la soddisfazione di colpire negli affetti e nelle relazioni intime l’avversario politico: che sia libertina o ingannata alla donna in politica non è risparmiato nulla.

C’è il moralismo di un “giornalismo” che ama ravanare nella spazzatura quando non ha argomenti validi da portare e che nasce, guarda caso, tutto nella stessa culla.

Diciamo che un trattamento di questa natura è degno di regimi libertari come i pasdaran in Iran o Hezbollah e Hamas in Medio Oriente. Che venga fatto in Italia (e in Europa: vogliamo dimenticare il body shaming riservato ad Angela Merkel o più recentemente a Elly Schlein?) fa davvero schifo. E la dice lunga sulla profondità dei nostri valori…

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