Il futuro di Verona: Rinascimento o decadenza

(di Giorgio Massignan, Verona Polis) In questi ultimi decenni, la nostra città si è fermata ed ha vissuto di rendita sulle opere realizzate nel passato; non ha saputo progettare il suo futuro. Si sono perdute importanti opportunità, quali il Polo dell’Innovazione alla Marangona; lo sviluppo dell’aeroporto Catullo; la realizzazione di un  efficiente sistema di trasporto pubblico; la progettazione di una porzione di città alla ZAI, dotata di servizi, anziché riempirla di centri commerciali, direzionali e ricettivi; la trasformazione della Rotonda dei Magazzini Generali in un auditorium e la creazione di una cittadella della cultura negli altri edifici adiacenti, come era nei piani iniziali; l’attuazione dei parchi delle Mura e della Collina, e la creazione di un sistema di parchi urbani; l’elaborazione di un piano regolatore organico al territorio, di tutti gli edifici storici inutilizzati del demanio militare e dei palazzi monumentali di proprietà pubblica; la realizzazione di un grande campus universitario, con un adiacente parco, causa   la costruzione di edifici di edilizia residenziale negli spazi dell’ex Caserma Passalacqua; la redazione di un piano urbanistico che non consumi suolo; ed altri casi ancora.  

In questi ultimi anni, coloro che hanno amministrato la città, hanno preferito fare cassa, vendendo alla Fondazione Cariverona la maggior  parte dei palazzi storici, che il Comune aveva avuto in eredità. Fondazione che, con il Piano Folin,  si sta  proponendo come il reale soggetto che pianifica le scelte d’uso urbanistiche dei grandi complessi storici di sua proprietà,  togliendo alla Pubblica Amministrazione, democraticamente eletta, il diritto–dovere di programmare il proprio territorio.   Del resto, Castel San Pietro e il Palazzo del Capitanio, ceduti alla Fondazione, da troppi anni erano  abbandonati a loro stessi.  l’Arsenale, rimasta di proprietà pubblica, risulta essere in condizioni tragiche. Ora, si vocifera la cessione ai privati dell’intero palazzo Montanari, che invece potrebbe ospitare il naturale sviluppo della facoltà di giurisprudenza.  

Dopo la bulimia per i centri commerciali del periodo tosiano, stiamo vivendo quello per le attività ricettive, della Giunta attuale; ne stanno approvando e sorgendo in ogni dove.  Forse, sarà questa la sorte anche di palazzo Montanari.

Se Verona vorrà avere un futuro, sarà necessario modificare radicalmente il meccanismo di gestione della nostra città, non solo da parte degli amministratori eletti, ma di tutte le organizzazioni che detengono gli strumenti economici, didattici, culturali e sociali. Non dovranno essere gli operatori privati che, sulla loro possibilità di investire, decidono le scelte sul territorio, ma la Pubblica Amministrazione, attraverso forme di vera urbanistica partecipata.

Verona non può essere rappresentata dalle corse delle automobili con forme di formaggio al posto delle gomme, in piazza Bra; dai numerosi  banchetti  che, per lunghi periodi, occupano le piazze storicamente più importanti della città; dalle proposte di copertura dell’Arena, di un cimitero verticale, di una ruota panoramica in centro storico e di altre simili estemporaneità. E’ tempo di programmare un nuovo Rinascimento per la nostra città, che coinvolga tutte le energie culturali, economiche, sociali e amministrative, in un progetto di totale rinnovamento.

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail