La Domus Mercatorum è la storia dell’autogoverno di Verona. La Camera di commercio non può e non deve venderla!

(di Bulldog) La Camera di Commercio non può e non deve vendere la Domus Mercatorum. Perché sarà legalmente sua, ma in realtà la Domus non le appartiene. Sarebbe come se il municipio di Londra vendesse il palazzo di Westminster o il Consiglio comunale di Roma, il Campidoglio. La Domus è stata assegnata nel 1802 alla Camera di commercio (istituzione inesistente prima) su imposizione dell’ occupante francese alla città. E solo questo basterebbe per metterne in discussione la proprietà. Sarebbe come riconoscere dei diritti all’occupante nazista per lo stabile ex Ina di Corso Porta Nuova…

Nella Domus Mercatorum la democrazia scaligera eleggeva i suoi Capitani; qui Cangrande ha depositato i suoi Statuti; qui è nata la vita pubblica della città che era strettamente collegata a quella dei suoi mercanti, dei suoi mastri di bottega, delle sue corporazioni. Chiusa, abbandonata al suo declino, occupata da vagabondi e turisti in mutande, la Domus Mercatorum è comunque la storia della nostra vita pubblica.

La Camera di Commercio non può e non deve vendere la Domus Mercatorum perché chi la guida pro-tempore non gestisce un’impresa propria, ma custodisce il bene comune frutto del risparmio e del lavoro dei Veronesi. Non sono soldi suoi, usa soldi nostri. Esattamente come la Fondazione CariVerona il cui patrimonio deriva da più di un secolo di lavoro e risparmio delle famiglie e delle imprese.

La Camera di Commercio non può e non deve vendere la Domus Mercatorum perché sarebbe l’ennesima resa di una città, o meglio di una classe dirigente (sempre quella che la regge e blocca da più di vent’anni)  che davanti alle difficoltà preferisce fuggire: così come ha fatto con l’aeroporto Catullo prima affidato con logiche spartitorie e poi abbandonato e svenduto al suo principale competitor; così come si è tentato  – e probabilmente ancora si vuole di nuovo fare – con Agsm che si voleva dare in dote ad A2A in  cambio di due centrali idroelettriche a fine concessione e ad un inceneritore vecchio e obsoleto; così come si vorrebbe fare con la Fiera dopo averne bloccato le chance di acquisire Vicenza, valorizzarsi con Cassa Depositi e Prestiti, per essere pronti a svenderla a Bologna o Milano…

Queste deriva che premia chi cede, chi scappa va fermata e non si può farlo se svendiamo l’ennesimo gioiello di famiglia.

La Camera di Commercio non può e non deve vendere la Domus Mercatorum perché resta un ente pubblico il cui fine non dev’essere la speculazione ma la tutela della crescita; perché vive dell’ iscrizione obbligatoria di tutte le imprese scaligere che, fra l’altro, sebbene pagando non possono però  nominare i vertici camerali che sono appannaggio delle lobby organizzate (le associazioni di imprenditori, commercianti, coltivatori, artigiani, sindacati e consumatori): strutture autoreferenziali che rappresentano soltanto una ridotta minoranza delle imprese e che si scambiano gli incarichi negli enti economici come fossero tessere del mercante in fiera. Come mai gli imprenditori non si iscrivono alle associazioni imprenditoriali? Quanti consumatori sono realmente iscritti alle associazioni che li rappresentano? Quanti lavoratori dipendenti sono iscritti ai sindacati che siedono in Camera di commercio? Qual è – insomma – la legittimità democratica di questa istituzione?

La Camera di Commercio non può e non deve vendere la Domus Mercatorum perché, banalmente, non è in grado di gestirla: coi soldi che prende dagli imprenditori può valorizzarla e se non ne è capace può benissimo affidarla, attraverso una gara, a un operatore privato, fissandone le condizioni di utilizzo, senza perderne la proprietà.

Si dice: Verona ha più “contenitori” che “contenuti”. Ma non sarebbe proprio questo il ruolo anche della Camera di Commercio così come del resto della classe dirigente – sottolineo, dirigente – : fissare degli obiettivi, immaginare degli scenari, impostare la crescita della città usando l’enorme dote che i nostri padri ci hanno consegnato. Zanotto, Rossi, Pavesi, Delaini, Ceni…nessuno di questi ha mai immaginato di vendere qualcosa dei Veronesi, anzi: pensavano a comprare, a costruire anche quando di soldi in cassa non ce n’erano.

Per questo, e tanto altro, la Camera di Commercio non può e non deve vendere la Domus Mercatorum. Verona non può permettere questo scempio. E Verona deve lottare per difendere la casa del suo autogoverno.

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