La Lega spinge per il 3° mandato a Zaia e ai sindaci

La Lega spinge per il terzo mandato a Zaia e ai sindaci. Almeno quelli sotto i 15 mila abitanti. La legge prevede che possano essere ricandidabili dopo 2 mandati solo quelli dei comuni con meno di 5 mila abitanti. Ma per i sindaci dei comuni dai 15 mila in su e quelli delle regioni che siano stati eletti per due volte consecutive c’è il divieto di ricandidatura. Con l’approssimarsi delle comunali del 9 giugno e delle regionali, che in Veneto saranno nel 2025, c’è chi punta ad una leggina fatta su misura per quei primi cittadini e quei governatori che non se ne vogliono andare. 

La Lega spinge per il 3° mandato a Zaia e ai sindaci
De Luca

Fra i presidenti di regione c’è in questo senso un interesse trasversale. Sono in scadenza, ma vorrebbero rimanere,  De Luca, pirotecnico governatore della Campania, Bonacini dell’Emilia-Romagna ed Emiliano della Puglia, entrambi del Pd. E Zaia, in favore del quale la Lega con Salvini ha preso posizione affinché gli venga concesso un altro giro alla guida del Veneto. Con una leggina che avvantaggerebbe anche i due governatori di sinistra. 

La Lega spinge per il 3° mandato a Zaia e ai sindaci

Ma per Zaia, che è in carica dal 2010 e sta per terminare il terzo, significherebbe avere il quarto mandato. Ovvero vent’anni alla guida della regione. Decisamente troppo. E’ così che la pensa anche Tajani, capo di Forza Italia che ha già fatto sapere che si opporrà a qualsiasi tentativo di modificare la legge.

E anche Tosi, coordinatore veneto degli azzurri, che attacca Zaia ricordando che nel 2012 fu proprio lui a volere il limite dei 2 mandati per gli assessori regionali.

La Lega spinge per il 3° mandato a Zaia e ai sindaci

Zaia non vuole il limite dei mandati

Zaia, Cicero pro domo sua, dice che non capisce il senso del limite dei mandati. In fin dei conti, ragiona, se i cittadini vogliono che li guidi quel sindaco o quel governatore, perché non permetterglielo? E’ democrazia. Piuttosto, aggiunge caustico, “non capisco perché gli unici a non avere limite nel numero dei mandati sono i parlamentari”.
E forse questo ragionamento potrebbe anche convincere la signora Maria. Ma non il legislatore o chi di politica ne mastica. 

La ratio del limite dei mandati per i sindaci e i presidenti di regione sta nel fatto che essi esercitano del potere concreto, gestiscono il denaro dei cittadini, decidono opere pubbliche, scelgono dirigenti.  E l’esperienza ha insegnato che è inevitabile che dopo un certo numero di anni si possano formare delle sacche di potere, delle reti di rapporti se non degli interessi che non giovano al bene comune. Diversa la situazione dei parlamentari che fanno le leggi, ma non gestiscono alcunché in termini di potere o di risorse.

E a proposito di democrazia il limite dei mandati è una garanzia democratica. Solo i monarchi  regnano a vita. O i dittatori, che stanno al potere finché non li ammazzano. 10 anni per un sindaco o per un governatore sono abbastanza per dimostrare che cosa è capace di fare, per svolgere un programma ed anche per allevare una classe dirigente e un successore. Ed è questo aspetto che troppe volte sfugge a chi è incastrato nelle logiche del potere. 

Un leader, se è leader davvero, consapevole che il suo mandato è a termine, ha anche questo compito, che per la democrazia e per la società è fondamentale: quello di far crescere attorno a sé e selezionare coloro che gli succederanno e presentarli poi all’approvazione degli elettori. E’ un compito oscuro, che non dà né immagine né guadagno. Ma è essenziale, in politica come in tutti gli altri campi dell’umano agire, per far sì che le istituzioni, le aziende, le equipe e i movimenti politici migliorino. Altrimenti si scivola giù, verso il basso e c’è uno scadimento della classe dirigente. E’ soprattutto a questo che i leader devono badare, più che a restare sulla poltrona a tutti i costi.

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