Legambiente, l’aria malata della nostra città cala ad un tasso troppo lento

Verona riduce il suo tasso di inquinamento da polveri sottili (Pm10) ancora troppo lentamente: servirebbe un taglio del 38% delle emissioni per rientrare nei limiti fissati al 2030, ma non va più in là del 4% annuo. Il report annuale di Legambiente, Mal’aria (qui lo potete scaricare) , fotografa una pianura padana perennemente in sofferenza e dove andrebbero adottate misure più drastiche per rendere respirabile l’aria e mettere al sicuro la salute dei cittadini.

L’annuale analisi sullo stato dell’inquinamento atmosferico delle città italiane capoluogo di provincia parte dai dati ufficiali delle centraline di monitoraggio installate nei diversi comuni, fornisce un quadro quanto più possibile completo su quello che è stato l’inquinamento atmosferico dell’anno appena concluso, il 2022, per provare a evidenziare criticità, carenze, prospettive e soluzioni per uscire finalmente dalla cronica emergenza smog che affligge le città del nostro Paese.

Il 2022 infatti, come ogni anno, ha mostrato delle criticità acute per alcune città – rappresentate dai giorni di sforamento del limite giornaliero per il PM10, stabilito in 35 giorni in un anno, in cui si è registrata una concentrazione media giornaliera di polveri superiore a 50 microgrammi/metro cubo come previsto dall’attuale normativa in vigore – e criticità meno evidenti, ma da attenzionare seriamente, per ciò che concerne la media annuale degli inquinanti tipici dell’inquinamento atmosferico quali le polveri sottili (PM10 e PM2.5) e il biossido di Azoto (NO2).

Il rispetto dei limiti normativi sulla qualità dell’aria è una condizione necessaria di partenza per poter parlare di risanamento dell’ambiente e dell’aria che ci circonda; ma le recenti evidenze scientifiche riportate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sui limiti delle concentrazioni da non superare per tutelare la salute delle persone da una parte, e la revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria dall’altra, la cui proposta uscita nell’autunno del 2022 ha rivisto – a ribasso –i limiti che dovremo rispettare nel prossimo futuro (dal 1 gennaio 2030), rendono il solo rispetto degli attuali valori normativi una condizione necessaria ma non più sufficiente  per tutelare la salute delle persone. Va ricordato infine, che anche le soglie indicate dall’UE per il 2030 sono significativamente più alte dei valori indicati dall’OMS per evitare danni alla salute e sono quindi da considerare una tappa intermedia, mentre sono proprio le indicazioni OMS l’obiettivo da raggiungere nell’ottica di una vita salubre nelle nostre città.

Nel 2022 sono 29 le città, tra quelle di cui si hanno a disposizione i dati, che hanno superato il limite di 35 giorni di sforamento previsti per il PM10: su tutte Torino (Grassi) con 98 sforamenti, seguita da Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) 79, Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70. Queste città hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti tollerati dalla norma (35) e rappresentano per il 2022 la punta dell’iceberg dell’inquinamento atmosferico delle nostre città. Sempre per il PM10, l’analisi delle medie annuali ha mostrato come non ci siano state città che hanno superato il limite previsto dalla normativa vigente, dato che conferma la tendenza positiva degli ultimi anni, ma che non deve lasciar dormire sonni tranquilli. Il 76% delle città monitorate infatti (ovvero 72 delle 95 di cui si avevano a disposizione i dati) superano i limiti previsti dalla futura direttiva sulla qualità dell’aria che, di fatto, ha dimezzato la concentrazione media annuale ammissibile (dagli attuali 40 µg/mc ai 20µg/mc previsti al 2030).

Anche per il PM2.5 la situazione di criticità è analoga a quella appena descritta. Delle 85 città di cui si aveva a disposizione il dato, ben 71 (l’84% del campione) nel 2022 hanno registrato valori superiori a quelli previsti al 2030 dalla prossima direttiva. Monza (25 µg/mc), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (23 µg/mc), Alessandria, Bergamo, Piacenza e Torino (22 µg/mc), Como (21 µg/mc) le città che di fatto ad oggi doppiano quello che sarà il nuovo valore di legge (10 µg/mc contro i 25 µg/mc).

57 su 94 (il 61%) sono invece le città che, pur non superando il limite legislativo attuale per il biossido di Azoto (NO2), nel 2030 saranno fuorilegge viste le concentrazioni registrate nel 2022: infatti il nuovo limite di 20 µg/mc sarebbe stato superato nelle 57 città riportate precedentemente, con le situazioni più critiche e distanti dal nuovo obiettivo registrate a Milano (38 µg/mc), Torino (37 µg/mc), Palermo e Como (35 µg/mc), Catania (34 µg/mc) che dovranno ridurre le loro emissioni per più del 40%.

Essendo l’inquinamento atmosferico un problema che non si risolve dall’oggi al domani, capire quanto sono distanti oggi le città italiane dagli obiettivi da raggiungere nel giro dei prossimi sette anni è un esercizio utile per capire quanto manca, cosa manca e quanto efficaci siano state (e saranno) le azioni e le politiche che inevitabilmente dovranno essere realizzate per raggiungere gli obiettivi previsti. Partendo da questo presupposto per il PM10 le città più lontane dall’obiettivo sono Torino e Milano (43%), Cremona (42%), Andria (41%) e Alessandria (40%). Tutte dovranno ridurre le concentrazioni di oltre il 40% nei prossimi anni per non incorrere in procedure di infrazione. Per il PM2.5 è lontanissima Monza (60%).

Milano, Cremona, Padova e Vicenza (57%), Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia, Asti e Mantova (50%) che dovranno più che dimezzare le concentrazioni attuali. Per l’NO2 le città più indietro sono ancora Milano (47%) e Torino (46%), seguite da Palermo (44%), Como (43%), Catania (41%), Roma (39%), Monza, Genova Trento e Bolzano (34%) che dovranno ridurre di oltre un terzo le attuali concentrazioni.

L’elaborazione dei dati sull’inquinamento atmosferico raccolti da Legambiente attraverso lo storico rapporto di Ecosistema Urbano permette di fare alcune considerazioni. Dal 2011 al 2021 vengono analizzati  i trend delle concentra[1]zioni medie annuali di PM10 e NO2 delle città capoluogo. Sono state poi analizzate le variazioni, in termini percentuali, delle concentrazioni di anno in anno degli ultimi dieci anni per meglio interpretare con che “velocità” media stessero viaggiando le città verso gli obiettivi del 2030.

Il dato che ne risulta, anche in questo caso, non è incoraggiante. Nonostante tutti gli sforzi messi in atto e le tangibili riduzioni delle emissioni avvenute, un sistematico e costante calo delle concentrazioni non si è registrato in praticamente nessuna città.

Il tasso medio di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è infatti solo del 2% per il PM10 e il 3% per l’NO2. Lento. Troppo lento per sperare di rientrare nei limiti del 2030 se non si cambierà la marcia.

Le città più distanti dall’obiettivo previsto per il PM10, ad esempio, che dovranno nel giro dei prossimi sette anni ridurre le proprie concentrazioni cittadine tra il 30% e il 43%, stando alle tendenze di riduzione registrate negli ultimi 10 anni, potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungerlo. Il 2040 anziché il 2030. E Città come Modena, Treviso e Vercelli potrebbero metterci oltre 30 anni! Anche per l’NO2  la situazione è analoga e una città come Catania impiegherebbe più di 40 anni a risanare l’aria mantenendo le attuali tendenze di diminuzione e Monza, Bolzano e Trento più di 15 anni. E a farne le spese saranno, come sempre, i cittadini che continueranno a respirare aria inquinata ancora troppo a lungo.

Per quanto riguarda il PM10 sono 95 le città di cui si avevano i dati disponibili per l’elaborazione: i dati sono stati analizzati e confrontati sia per quanto concerne i superamenti giornalieri che rispetto alla media annuale. Infatti, la normativa vigente prevede un doppio parametro da rispettare per il PM10: il primo, relativo al numero massimo di giorni di sforamento consentiti del limite giornaliero (50 microgrammi/mc come media della giornata da non superare per più di 35 giorni in un anno solare); questo limite serve per cercare di contrastare in tempo reale l’inquinamento atmosferico da parte delle amministrazioni competenti ed è una sorta di campanello di allarme dello stato di inquina[1]mento atmosferico specialmente nel periodo invernale, quello maggiormente favorevole al ristagno delle polveri nell’aria. Basta che anche solo una delle centraline dislocate nel comune superi tale bonus di sforamenti per considerare l’intero territorio comunale fuorilegge. Il secondo limite considerato è relativo al valore medio annuale di tutte le centrali[1]ne comunali analizzate mediate tra loro. È dunque un valore medio di inquinamento della città che serve a capire l’esposizione sul lungo periodo a cui sono esposti i cittadini ed è stabilito in 40 µg/mc.

Sono ben 29 le città con almeno una centralina oltre il limite di legge dei 35 giorni di sforamento consentiti: guida la classifica negativa la città di Torino (Grassi) con 98 giorni oltre i limiti, seguita da Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) (79), Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70. Queste città hanno di fatto doppiato il limite dei 35 giorni a dimostrazione di una cronica aria inquinata respirata dai cittadini specialmente nel periodo autunnale e invernale del 2022 (Gennaio – Marzo e Ottobre – Dicembre). Non se la passano meglio Cremona (Cadorna, 67 gg), Treviso (S. Agnese, 66), Mantova (Ariosto), Rovigo (Centro) con 65, Reggio Emilia (Timavo, 64), Alessandria (D’Annunzio, 63), Ferrara (Isonzo) e Frosinone (scalo) con 61 sforamenti, Brescia (Villagio Sereno) e Vicenza (S. Felice) 60, Lodi (Vignati) e Verona (Giarol Grande) 59, Monza (Machiavelli) 58 e Pavia (Minerva) 55 che hanno superato i 50 giorni di sforamenti. Chiudono la classifica delle città fuorilegge Piacenza (Giordani-Farnese) e Andria (Vaccina) con 47, Parma (Montebello) 46, Novara (Roma) 43, Rimini (Flaminia) 42, Ragusa (Villa Archimede) 41, Ravenna (Zalamella) e Como (Cattaneo) 37, Roma (Tiburtina) 36.

Legambiente prova a suggerire dei correttivi immediati: passare dalle ZTL alle zone a “zero emissioni”, abbattere le emissioni dei condomini sfruttando il superbonus, tagliare fuori il trasporto locale privato incentivando quello pubblico e il passaggio all’elettrico.

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