Ieri con una conferenza stampa il direttore generale della Ulss 9 Scaligera, quella di Verona e provincia, Pietro Girardi ha illustrato come si sta riorganizzando la sanità territoriale dopo che il governo, visto il mancato accordo fra Stato e Regioni, ha provveduto ad emanare il DM 77/2022 quale punto di partenza e presupposto della nuova assistenza territoriale. Secondo quella che dovrà esser la struttura del SSN a Verona e provincia si saranno 14 Ospedali della Comunità (OdC), 45 Case della Comunità (CdC) e 8 Centrali Operative Territoriali (COT). Interventi finanziati in parte attraverso il PNRR e in parte con fondi della stessa ULSS 9 per un totale di 57.014 milioni di euro.

Girardi ha messo l’accento sulla capillarità dell’offerta socio sanitaria sul territorio, evidenziando che la distribuzione delle CdC e degli OdC tiene conto di una strategia condivisa con i Comuni per garantire a ogni comprensorio territoriale la massima attenzione e quindi la presenza dei servizi strategici previsti in materia, specialmente per quanto riguarda le CdC. Tutto ciò anche grazie a immobili di proprietà dell’ULSS 9 e ad altri edifici messi a disposizione dai Sindaci.

Il direttore generale si è poi soffermato sugli sforzi per potenziare il parco tecnologico, la telemedicina e per assumere personale medico, sanitario e socio sanitario, anche a copertura dei posti di dirigenti apicali e primari nelle strutture ospedaliere, per potenziare la rete dell’Emergenza-Urgenza e per sopperire alla carenza di medici di base attraverso l’istituzione del Servizio Medico Distrettuale, attualmente attivo in 9 sedi: «Un servizio realizzato grazie alla disponibilità delle Amministrazioni e che ha già trovato il consenso dei cittadini della provincia. L’unico Distretto in cui non è presente è quello di Verona città, dove è meno sentita la mancanza di MMG».

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Secondo le linee di riforma del SSN ci dovrà essere una Casa di Comunità Hub ogni 40/50 mila ab. e una Casa della Comunità Spoke ogni 20.000 ab.
Per capire il concetto è utile immaginare la ruota della bicicletta che al centro ha i mozzo (hub) da cui si dipartono i raggi (spoke). A queste s’aggiungono gli ambulatori dei medici e dei pediatri di base.

Ci dovrà poi essere un Infermiere di Famiglia o di Comunità ogni 2.000-3.000 ab.

E’ prevista poi una Unità Speciale di Continuità Assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100.000 ab. e una Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 ab. Questa, oltre alla CdC coordinerà l’assistenza domiciliare, le Usa e gli Hospice.

Sarà quindi la Casa di Comunità l’unità fondamentale della medicina territoriale, dove le aggregazioni dei MMG e PLS garantiranno la presenza di almeno un medico e un pediatra di base che con specialisti ambulatoriali e Infermieri di Famiglia, garantiranno i servizi necessari.

Ieri il ministro della Salute Orazio Schillaci, consapevole del fatto che 

la Missione 6 del Pnrr relativa alla sanità, prevede investimenti di 7 miliardi di euro che hanno come finalità quella di riorganizzazione la Sanità territoriale, si è ben guardato da dichiarasi contrario alle CdC. Ha solo specificato che non basta costruirle, ma ci vogliono i medici e gli infermieri per riempire e per farle funzionare. Una posizione bene diversa da quella del suo sottosegretario Gemmato, che tra l’altro è dello stesso partito,  che si è dichiarato contrario alle CdC e che tutto dovrebbe continuare come prima, con l’unica variante di coinvolgere di più le farmacie. Un fatto piuttosto curioso che sarebbe e opportuno che venisse chiarito al più presto.