(di Maddalena Morgante *) Paolo Danieli, dalle pagine de L’Adige, rilanciava nei giorni scorsi il progetto della grande Verona: una realtà metropolitana da oltre 400mila abitanti in grado di programmare una nuova fase di crescita per la nostra città, per i Comuni che aderiranno al progetto e per lo stesso Veneto. Il tema è centrale e va posto all’attenzione dei Cittadini e della Regione; deve diventare la scelta di Verona da portare avanti nella negoziazione con la prossima amministrazione Zaia.

Mi permetto di aggiungere due considerazioni al dibattito: la “grande Verona” deve nascere valorizzando le specificità dei Comuni che vogliamo coinvolgere, trasformandoli da periferia a cuore della trasformazione urbanistica. Mettere assieme i servizi vuol dire sì risparmiare, ma anche ripensare lo sviluppo decentrando funzioni, creando aree produttive comuni, infrastrutture telematiche avanzate, risparmiando superficie utile riqualificando l’esistente, abbattendo e ricostruendo dove necessario per creare un unicum che non penalizzi le realtà che si fondono. La seconda: Verona città metropolitana non dev’essere raccontata e vissuta come una sfida a Venezia ed alle sue speciali relazioni con Treviso e Padova. Al Veneto servono due motori per la ripresa; una trazione integrale per mettere a sistema le sue enormi potenzialità: l’industria avanzata, la logistica da primato, la proiezione globale delle sue fiere,  l’eccellenza del suo sistema culturale, scolastico e sanitario, la forza della bellezza delle nostre Città e della nostra natura.

Sino ad oggi, la politica veronese ha giocato in difesa, senza un pensiero a lungo termine. Il risultato è desolante. Abbiamo perso tantissime opportunità e fare l’elenco è lungo: dal Compartimento Ferroviario, ai Comandi ed all’Ospedale Militare trasferiti a Padova, per non parlare della distruzione dell’Aeroporto di Verona, infrastruttura vitale per un territorio come il nostro, dato e lasciato in mano alla Save di Venezia che, giustamente, fa i suoi affari, che però vanno tutti a danno di Verona. Non abbiamo realizzato il Polo Finanziario, sull’innovazione abbiamo lasciato spazio a Trento e Padova-Mestre… Possiamo continuare a piangerci addosso, oppure provare a ridisegnare il nostro futuro.

La strategicità di Verona per il Veneto è palese: è la sua porta a Occidente, il suo nodo di collegamento col mercato tedesco che è il più importante per noi Veneti. Verona può creare sinergie con Vicenza e amplificare la capacità di attrarre investimenti e posti di lavoro d’alta qualità. Davvero credete che un progetto siffatto vedrebbe il Veneto contro?

Dobbiamo creare però le condizioni di questo cambiamento. Portare questo tema nel dibattito elettorale e verificare chi è disposto – indipendentemente dal partito d’appartenenza – ad impegnarsi su questo: consiglieri regionali, sindaci, parlamentari…Iniziare a dialogare coi Sindaci e le comunità locali, mostrando i vantaggi dell’unione. Anche per loro, in fondo, è una sfida: restare periferia, ai margini della grande città che assorbe ogni energia, o far parte del cambiamento. Magari, guidare il cambiamento portando le proprie figure politiche di spicco a competere per la guida della città metropolitana.

E’ una sfida affascinante che riguarda tutti. E che deve entrare nell’agenda politica di tutti: in quella di una semplice candidata come in quella dei prossimi assessori e dirigenti del Veneto. (* candidata per Fratelli d’Italia alle prossime Regionali 2020)