Vittime di reato mai più sole: il Comune firma il patto con 11 istituzioni per una rete di sostegno e uno “sportello” aperto

Uno sportello gratuito, a Palazzo Barbieri, dove trovare avvocati, psicologi, assistenti sociali: tutti quei professionisti che possono fare la differenza nella vita di una vittima di reato. Come lo saranno ad esempio medici e infermieri del Pronto Soccorso che diventeranno sentinelle sul territorio. Questo sarà il primo passo concreto che muoverà la neonata Rete Dafne Verona, il cui protocollo di costituzione è stato firmato in Municipio. Ben 11 le istituzioni territoriali che hanno aderito, realtà che sosterranno, ognuna con le proprie competenze e servizi specifici, le persone che hanno subito un crimine, sia prima che durante e dopo il procedimento penale. Sono Comune di Verona, Tribunale, Procura della Repubblica, Ordine degli Avvocati, Camera Penale Veronese, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale, Asav-Associazione scaligera assistenza vittime di reato, Istituto Don Calabria, Ulss 9 Scaligera e Associazione Rete Dafne Italia.

Un ufficio in Municipio c’è già, ed è quello dell’Asav, ma a breve la porta si aprirà e tutti i firmatari del protocollo e ai loro professionisti. Perché da oggi c’è una rete provinciale, la prima a livello regionale, che a breve definirà i dettagli delle azioni da mettere in campo, in primis lo sportello e i corsi di formazione per operatori. Il primo già partito oggi e proseguirà domani a San Bernardino: si approfondiranno i temi dell’accoglienza e del sostegno. Gli incontri proseguiranno poi fino al 6 novembre in streaming. A garanzia della piena efficienza e trasparenza dell’operato della Rete, questa si doterà di una cabina di regia e di un comitato tecnico composti dai rappresentanti dei firmatari.

Verona da anni è capofila del progetto, in quanto proprio nella nostra città nel 2018 è nata la Rete Dafne Italia, per avviare un modello di intervento in grado di dare assistenza a qualsiasi vittima di reato perseguito dall’ordinamento italiano. Rete Dafne Italia si propone di rafforzare le capacità reattive di chi è stato offeso da un crimine, attraverso l’accompagnamento ai servizi presenti sul territorio, le informazioni sui diritti, il sostegno psicologico e, ove necessario, medico-psichiatrico. Tra i compiti dei firmatari, accoglienza e ascolto; accompagnamento e orientamento verso servizi specialistici e programmi di giustizia riparativa; prevenzione del fenomeno di vittimizzazione; formazione degli operatori; percorsi di sensibilizzazione e condivisione di best practice fra i professionisti; formalizzazione di tavoli di sensibilizzazione, per favorire il dialogo fra le istituzioni; una riflessione culturale e sociale che solleciti adeguamenti normativi. Infine attivazione della mediazione penale tra reo e vittima, su interesse e volontà di quest’ultima.

A firmare il protocollo con il sindaco Federico Sboarina il presidente del Tribunale Antonella Magaraggia, la procuratrice Angela Barbaglio, il vicepresidente dell’Ordine degli Avvocati di Verona Davide Adami, il presidente della Camera Penale Veronese Claudio Avesani, Maurizio Facincani dell’Ulss 9 Scaligera, Giovanna Ghirlanda dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, il Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale Monsignor Carlo Vinco, la presidente dell’Asav Annalisa Rebonato, il direttore tecnico dell’Istituto Don Calabria di Verona Silvio Masin e il presidente dell’Associazione Rete Dafne Italia Marco Bouchard.

“Ancora una volta Verona dimostra di saper far squadra e di lavorare insieme sulle questioni di primaria importanza – dice Sboarina –. Con la firma 11 istituzioni cittadine, sono due i messaggi che vogliamo dare. Il primo è che la città, quando e dove serve, è pronta a schierarsi compatta per raggiungere traguardi importanti a vantaggio dei cittadini. Il secondo è che le vittime di reato non verranno più lasciate sole: ora esiste una Rete pronta a supportarle in ogni loro esigenza. Questa firma dà il via ad una serie di azioni che si concretizzeranno quanto prima”.

“Il sistema Giustizia si concentra prevalentemente sulla figura del reo” , aggiunge Magaraggia. “Oggi invece siamo qua in tanti per garantire il nostro impegno a favore delle vittime, ad esempio per la loro sicurezza sin dall’inizio del procedimento penale. Verona dimostra di essere un buon esempio, ognuno farà la propria parte”. “Con Rete Dafne ora abbiamo uno strumento in più di cultura giuridica, e prima ancora di cultura civile”, sottolinea Barbaglio. “Abbiamo il dovere di applicare una visione equilibrata ai fenomeni sociali correlati ai reati. Garantiremo il nostro impegno per sviluppare la Rete”. “Saremo più consapevoli che la vittima esprime dei bisogni oltre il processo, che derivano dalle conseguenze del crimine subito”, precisa Bouchard. “Solo valorizzando l’assistenza alla vittima si possono sostenere accuse chiare e non improvvisate”.

Non siamo qui per limitare le garanzie del reo ma per garantire il giusto processo”, dichiara Avesani. “Questo è un obiettivo di primaria importanza”. “Importante che la vittima si senta meno sola”, spiega Rebonato, “e sappia che da oggi a Verona c’è una struttura coordinata da più istituzioni che dal prima del processo, durante e dopo, è in grado di offrire risposte. In modo che possa tornare il prima e più serenamente possibile alla propria quotidianità”. “Fare rete è fondamentale”, conferma Masin, “e ci permette di raggiungere più persone possibili e un territorio molto più vasto”. “Siamo pronti a supportare la Rete anche dal punto di vista della formazione”, dice Adami: “da parte nostra ci sarà il massimo impegno”.

“Anche attraverso gli operatori e i professionisti del Pronto Soccorso saremo sentinelle sul territorio”, assicura Ghirlanda. “Cercheremo di intercettare tutte le situazioni particolari che arrivano nei nostri ambulatori”. “I servizi territoriali saranno in prima linea”, fa eco Facincani. “Questa sinergia tra istituzioni ha dato vita a un modello Verona che sarà d’esempio per tanti altri”. “Parlando con i detenuti mi accorgo spesso che se non si creano relazioni resta uno spazio vuoto che rischia soltanto di generare altro male, perché”, ha concluso don Vinco, “la giustizia è tale se è a 360 gradi”.

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