(di Angelo Paratico) L’Adige aveva dato come probabile l’elezione di un Papa statunitense e avevamo puntato sul cardinale Timothy Dolan, quando erano appena iniziati i posizionamenti e le analisi in vista del conclave (a questo link l’articolo uscito sul nostro giornale il 24 aprile).
In realtà, secondo una ricostruzione di cui riportiamo un breve stralcio, pubblicata su il Giornale, Dolan avrebbe rinunciato a sedersi personalmente sul trono di Pietro per lanciare un proprio collega, che possiede una storia perfetta per succedere a un papa come Bergoglio.


“L’attivismo dell’arcivescovo di New York Timothy Dolan che ha giocato da kingmaker, puntando subito su quella figura così atipica, al crocevia fra culture diverse: un padre con origini francesi e italiane, una madre spagnola. E poi la dimensione missionaria, ma senza perdere il radicamento negli Usa“, spiega la ricostruzione. “Dolan, secondo molti osservatori, è riuscito a calamitare gli elettori del Nordamerica e del Sudamerica, di più quelli di lingua inglese, o meglio quelli legati al Commonwealth, insomma il vecchio impero britannico, dal Sudafrica all’India e alle Isole Tonga”.
Papa, missione compiuta (per lo spirito santo)
“Il cardinale Parolin aveva un certo pacchetto di voti, si dice fra quaranta e cinquanta, comunque non sufficienti per raggiungere il quorum. Il problema è che alla prima votazione si è scoperto che un altro candidato, appunto Prevost, aveva catturato nell’ombra molti consensi. I bergogliani si sono presentati a loro volta divisi in diversi gruppi e”, viene sottolineato nell’articolo, “non hanno saputo proporre un’alternativa: ad esempio il francese, pure molto quotato, Jean-Marc Aveline o il maltese Mario Grech”.
Ieri abbiamo visto come si è concluso il conclave e qual è stato il risultato. Si potrebbe dire dunque “missione compiuta” prima di tutto per lo Spirito Santo, e poi per il cardinale Timothy Dolan.