( di a.r. ) I tanti problemi legati all’immigrazione che la cronaca è costretta a registrare oggi sono la narrazione di una situazione prevista più di 30 anni fa. Chi all’epoca, come chi scrive, sosteneva che l’immigrazione avrebbe destabilizzato la nostra società, veniva puntualmente deriso e tacciato di razzismo. Ora i fatti parlano da soli. Chi rideva nel suo agio borghese oggi si scontra con la realtà quotidiana fatta di incertezze e di paura.
L’illusione della “ricchezza culturale” basata sul confronto tra diverse culture implode nei ghetti etnici, micro patrie ermetiche all’integrazione. Colpa degli immigrati? Sicuramente no. E’ un dato di fatto che i popoli e le culture si aggregano per affinità culturale, mentre si allontanano tanto più i concetti e stili di vita sono diversi. In fin dei conti è giusto così.

La appartenenza di ciascuna etnia ha origini lontane, ben radicate e trasmesse di generazione in generazione. Stravolgere o chiede ai popoli di rinunciarvi pur di integrarsi è un atto di violenza e razzismo culturale.
Ecco perché nascere in Italia da genitori stranieri non significa sentirsi Italiani, men che meno esserlo. I fatti lo dimostrano. I cosiddetti “Italiani di seconda generazione” si considerano loro stessi dei diversi. Ecco perché si aggregano tra di loro, nonostante a scuola siano promiscui con gli Italiani veri e studino, si fa per dire, la cultura del nostro Paese.
La soluzione a questo duplice e irrisolvibile problema è non solo limitare le immigrazioni, affermando il diritto fondamentale di poter prosperare nel proprio paese, ma di applicare la re-migrazione verso i paesi d’origine, almeno di chi non si è minimamente integrato, di chi non contribuisce al bene della nostra Italia, di chi delinque impunemente sapendo di temere poco o nulla, di chi, pur con i documenti in regola, vede nelle nostre piazze terra di conquista.
E pensare che qualche stolto auto-razzista vorrebbe pure regalare la cittadinanza a chi Italiano non si considera e mai vorrà esserlo!