(o.a.) Il referendum è stato un flop. Lo hanno riconosciuto perfino i promotori. Ma c’è di più. C’è il flop nel flop del referendum sulla cittadinanza, che era quello che avrebbe dovuto ‘tirare’ anche gli altri. 

L’immigrazione è una bandiera della sinistra che ha sostituito le battaglie per la classe operaia con quella per l’accoglienza, l’inclusione e l’integrazione degli immigrati. Slogan ai quali non credono più nemmeno gli stessi elettori della sinistra se è vero com’è vero che dei referendum, quello più ideologico, finalizzato a portare da 10 a 5 gli anni per ottenere la cittadinanza, ha preso quasi 2,5 milioni di voti in meno rispetto agli altri.

Il referendum sulla cittadinanza al 20%. Significa che per l’80% va bene così

Ciò significa che oltre a quel 70% di italiani che hanno deciso di non votare perché, se non contrari come quelli del centrodestra, almeno disinteressati a rendere più facile la cittadinanza, del rimanente 30% un terzo si è espresso contro quella proposta.

Ed essendo quel 10% composto verosimilmente da elettori di sinistra, vuol dire che anche in quest’area hanno capito che certe parole d’ordine ideologiche non fanno più presa.

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Anche autorevoli personaggi di matrice marxista hanno cominciato a comprendere come l’accoglienza a tutti i costi e l’inclusione – nuovo vocabolo che riempie la bocca del progressisti- siano in realtà uno strumento del grande capitale per avere una massa di mano d’opera di riserva, deterrente per i lavoratori italiani che pretendessero di avere degli stipendi più altri. Meglio non insistere, altrimenti c’è chi li sostituisce. Un’illazione? No. Basta fare 2+2. L’Italia è il paese dove arriva il maggior numero di immigrati e al tempo stesso quello dove le retribuzioni sono più basse. Che combinazione!