Non è fantascienza, non è un oracolo né un pericolo da temere. L’intelligenza artificiale (IA) è già tra noi, silenziosa e potente, pronta a trasformare il mondo della formazione e del lavoro. E il primo segreto per affrontarla? Imparare a conoscerla davvero, senza miti né paure. È stato questo il tema centrale discusso nell’incontro “Aziende che educano: comunità, lavoro, futuro” ospitato all’Istituto Canossiano di Verona. Un pomeriggio che ha spalancato le porte a un confronto serrato su come le nuove tecnologie — e il modo in cui le usiamo — stiano ridisegnando il confine tra scuola e impresa. Un Job Café gratuito realizzato nell’ambito del progetto Gener-Azioni, con il patrocinio del Comune di Verona (presente l’assessora Luisa Ceni nella doppia veste: istituzionale e di docente), di Confartigianato e di ANCL – Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro.

Siamo davvero pronti a dialogare con un’intelligenza che non pensa, ma che impara? A confrontarci con strumenti che, se governati con lucidità, possono moltiplicare le nostre capacità e se usati senza consapevolezza rischiano di confonderci? L’intelligenza artificiale è già qui, integrata nelle piattaforme che usiamo ogni giorno (qualcuno ha notato l’arrivo di CoPilot anche in un diffusissimo programma di scrittura come Word?), pronta a diventare una compagna di viaggio nei percorsi formativi e professionali. A raccontarlo con puntuale chiarezza è stato Massimiliano Parolin, esperto di web marketing e formatore nell’ambito AI, che ha aperto uno squarcio sulle ultime frontiere dell’intelligenza artificiale generativa: un mondo fatto di algoritmi che non sanno ciò che dicono, ma calcolano, predicono, ci supportano se sappiamo interrogarli. «Non si tratta di affidarsi ciecamente alla macchina — ha ammonito Parolin — ma di capire come dialogare con essa. L’AI non è un oracolo, ma un alleato che può aumentare la produttività del 20% se impariamo a usarlo come si deve. E questo parte da una competenza fondamentale: saper porre le domande giuste». Il famoso prompt, il comando che diamo all’intelligenza artificiale, non è un dettaglio: è la chiave per ottenere risposte sensate, pertinenti, utili. E serve una tecnica: indicare chiaramente il contesto, definire l’obiettivo, scegliere il tono. Come ci trovassimo di fronte una persona affidabile ma da formare. In più serve allenamento e serve metodo.
Durante l’incontro si è parlato di piattaforme come ChatGPT, Gemini Advanced, Copilot, Claude, fino alle soluzioni creative come Dall-E e Midjourney, strumenti che oggi sono già realtà nelle aziende più innovative e che domani diventeranno parte del quotidiano per chi si affaccia al mondo del lavoro. Parolin ha mostrato come un uso intelligente dell’AI possa liberare tempo, alleggerire i compiti ripetitivi, alimentare la creatività e persino fungere da partner nei momenti di brainstorming. «Ma attenzione — ha avvertito — la GenAI va educata: va nutrita con dati affidabili, le sue risposte vanno controllate. Non possiamo smettere di essere vigili». Il futuro, insomma, non si aspetta ma si costruisce senza temere le nuove tecnologie. Un futuro che chiede a gran voce un nuovo equilibrio tra l’umano e il digitale, tra la mente e la macchina, tra la guida del docente e l’efficienza dell’algoritmo.
Accanto a questo viaggio nel cuore delle nuove tecnologie, un altro aspetto è emerso come pilastro della formazione: il feedback. Cristiano Pravadelli, psicologo e coach, ha invitato i partecipanti a riflettere su quanto una valutazione possa trasformarsi in leva motivazionale. «Il feedback non è un voto. È uno specchio con cui aiutiamo i ragazzi a guardare, per vedere i propri punti di forza e i margini di crescita. È un momento di relazione che costruisce consapevolezza e fiducia, e che fa la differenza quando i giovani si misurano per la prima volta con il mondo del lavoro». L’incontro è stato moderato dalla giornalista Elisabetta Gallina, ex studentessa canossiana e oggi titolare di azienda individuale.