Così Verona può strappare a Bologna la leadership a Nordest. Entro il 2040

(di Stefano Tenedini) Verona è una città splendida, ricca, avanzata, economicamente forte, invidiata da chi vorrebbe viverci e sognata da chi l’ha visitata almeno una volta. Ma dopo una premessa così non dobbiamo nasconderci che “la ragazza potrebbe fare di più”, come dicono i professori. Potrebbe – dovrebbe – impegnarsi ora, da subito, per sviluppare i suoi tanti punti di forza senza lasciarsi andare consumata pian piano dalle sue debolezze. Come fare? Andando a caccia delle zone critiche per trasformarle in altrettante opportunità. Ma anche dandosi un obiettivo oggi per i prossimi vent’anni. Scegliendo come riferimento un “avversario” simile a noi ma già più avanti, per ritrovare una competitività se non perduta di sicuro appannata. Potevamo averlo già fatto, ma abbiamo perso tanti treni parlandoci addosso invece di agire. Oggi la pandemia e la crisi economica che si porta dietro ci suona la sveglia forse per l’ultima volta. È un’occasione che merita di essere colta.

Si chiama “Verona 2040. Scenari strategici per lo sviluppo di Verona e del suo territorio”, e in apparenza è solo un’altra ricerca. O meglio, lo sarà se la lasceremo cadere, ma potrebbe essere un punto di svolta. Un’iniziativa coraggiosa promossa da Confindustria Verona e da Ance Verona, che ha chiesto alla società di ricerca Cresme di offrire una rappresentazione oggettiva del nostro territorio, partendo dalla realtà in cui viviamo per valutare sia i punti di forza che quelli di miglioramento. Una base solida da cui partire per guardare avanti, un primo contributo per una strategia per la città e il suo territorio nei prossimi vent’anni. È stata presentata questo pomeriggio online, un fortissimo segno dei tempi perché solo un anno fa o poco più si sarebbe organizzato un convegno. Oggi, una voce per volta, abbiamo ascoltato un “libro dei sogni” che potrebbe davvero diventare un progetto.

“Crediamo sia giunto il momento di avere una visione di futuro per Verona, di pensare al suo posizionamento, di delineare una traiettoria che ci consenta di rimanere un territorio felice, ricco di eccellenze, ma che continui a crescere senza perdere vivacità”, ha esordito Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona. “Da soli non è possibile farlo: ci occorre una visione d’insieme per proporre analisi e progetti alla politica ma senza rinunciare alla nostra visione. La ricerca è un primo passo, che sarà seguito da proposte concrete”. “Oggi la necessità di far crescere l’economia locale richiede che ciascuno faccia la propria parte per lo sviluppo”, ha confermato il presidente di Ance Verona, Carlo Trestini. “Oggi la nostra prospettiva è proiettarci al futuro e fare proposte che tengano conto della realtà, della forza e delle criticità che possono diventare opportunità sul piano locale e nazionale”.

Nei prossimi giorni analizzeremo nei dettagli la ricerca del Cresme, ma anticipiamo parte dei contenuti, in estrema sintesi. Il futuro di Verona non può non innestarsi lungo le grandi direttrici di trasformazione già tracciate per l’Italia e per l’Europa da Next Generation UE: la sostenibilità, l’innovazione, le infrastrutture per la mobilità, l’istruzione e la formazione, gli equilibri sociali e la salute. A questo occorre aggiungere la ricerca di una competitività territoriale che supporti il capoluogo e la sua provincia in una crescita basata su ambizioni e caratteristiche ben note: certo non a discapito di altri, ma per dare il meglio a vantaggio di tutti. Su questi pilastri il territorio veronese è stato misurato nel contesto dello sviluppo internazionale, valutando il contesto locale in base alla spinta demografica, alla posizione geografica, al sistema produttivo, alle dotazioni infrastrutturali, alle vocazioni e alle affinità con gli altri territori, fino alla qualità della vita e alla questione ambientale.

Un dato chiave e inatteso è che Verona nel 2019 è diventata la maggiore città del Veneto in termini di popolazione, superando Venezia.  Tanto che negli ultimi tre anni è cresciuta di più e nel 2020, in piena pandemia, ha perso meno abitanti del resto della Regione. Si può ipotizzare per Verona un obiettivo a 300 mila abitanti, o almeno un consolidamento della consistenza attuale, pensandola cioè come un polo demografico ed economico più forte. Fra i poli di attrazione di Milano a ovest e di Venezia a Est, Verona è al centro ma debole: ciò potrebbe cambiare con un piano strategico già seguito da numerose città europee.

Ma si può puntare ancora più in alto, superando anche i ritardi con i competitor italiani. La provincia di Verona con 28,2 miliardi di euro di valore aggiunto è al decimo posto in Italia, ma come valore aggiunto pro-capite è al tredicesimo, perdendo tre posizioni. La principale “rivale” di Verona è Bologna, che dispone di una posizione altrettanto strategica per le reti di comunicazione europee. E il capoluogo emiliano è sesto per valore aggiunto prodotto ma terzo per il valore aggiunto pro-capite. In questa partita la popolazione è una variabile chiave: Bologna ha 400 mila abitanti, Verona 260.000. Crescere è un primo obiettivo per sfilarle il titolo di capitale del Nord-Est, cioè della parte d’Italia che è più “europea”.

Il secondo traguardo è uno sviluppo che sia equilibrato e sostenibile, che riduca storture e diseconomie e affronti problemi ormai ineludibili. Sul piano della crescita è molto netto il giudizio di Lorenzo Bellicini, che ha strutturato la ricerca del Cresme. “C’è molto da fare su competitività e produttività, in cui da cinquant’anni siamo in ritirata: stiamo perdendo il contatto con il cuore competitivo d’Europa, dalla logistica alle infrastrutture, alle reti”, ha chiarito. “Oggi paradossalmente l’export traina più della domanda interna. La produttività si trova già nelle aree urbane, all’interno di città che hanno investito in competitività e in rigenerazione urbana, nelle reti, in sostenibilità e nella qualità della vita. Mentre Verona presenta molti problemi ambientali, un nodo da sciogliere se vuole rimanere attrattiva sul piano demografico ed economico. La sfida è generare un “progetto di futuro” che riunisca, all’insegna di un principio di corresponsabilità, i principali stakeholder del territorio. C’è un nuovo paradigma di sviluppo da seguire, ed è quello delle città europee vincenti”.

Fra i commenti seguiti alla presentazione quello del sindaco Sboarina, positivo e aperto a un progetto “che offre molti spunti interessanti per progettare la Verona del futuro. È un importante punto di partenza su cui lavoreremo”, ha detto. “Il futuro del nostro territorio è una partita che si vince insieme con l’impegno di tutti. L’impegno durante la pandemia ha dimostrato che la squadra c’è, come la volontà di vincere la sfida della competitività. La nostra città è a uno snodo storico, dobbiamo avviare una rinascita come quella degli anni del dopoguerra. Rigenerare il territorio e rafforzare i suoi asset centrali come l’aeroporto, la Fiera o la Fondazione Arena sono le nostre priorità, così come l’ambiente e la rinascita urbana. Molto è stato avviato ma ancora non ci basta, le sfide che ci attendono sono tante e su di esse occorre condurre un lavoro di squadra forte e coeso”.

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