Le cure palliative necessitano di una medicina territoriale che non c’è. Ma col fine vita non c’entrano

Le cure palliative animano il dibattito dopo che la legge sul fine vita non è passata per un voto al Consiglio Regionale del Veneto e non mancano le ripercussioni politiche e il dibattito su un tema più che serio. E che proprio per questo va trattato con onestà intellettuale e senso di responsabilità.

Contano poco le polemiche circa la spaccatura del centrodestra, e in particolare della Lega, i cui consiglieri si sono divisi votando pro e contro la legge sostenuta da Zaia. Come conta poco la polemica contro Anna Maria Bigon, del Pd, che astenendosi, a differenza dei propri compagni di partito che hanno votato a favore, ha permesso che la legge venisse bocciata.

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Come giustamente ha affermato s’è trattato di un tema etico dove l’appartenenza politica passa in secondo piano. Ed è giusto che sia così. Argomenti come la sofferenza, la malattia, la vita e la morte non possono né devono essere incasellati negli angusti steccati dei partiti, ed è legittimo oltre che giusto, che ognuno voti secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni,

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Il gruppo consigliare di FdI assieme all’assessore regionale Elena Donazzan non ha perso tempo e finché l’argomento è ancora caldo ieri a Venezia a Palazzo Ferro Fini ha organizzato l’evento “The care day” su cure palliative e fine vita.

La posizione dei meloniani è stata così sintetizzata: “Al di là del nostro convinto no alla proposta di legge sul suicidio assistito, oggi dobbiamo occuparci del potenziamento delle cure palliative che appaiono del tutto insufficienti per la qualità della vita che abbiamo il dovere di salvaguardare dall’inizio alla fine”.

Nel corso del dibattito è emersa, in base ai dati esposti dagli esperti, la totale insufficienza delle cure palliative per cui “è nostro dovere – afferma il gruppo di FdI- fare tutto il possibile per accompagnare in modo sereno e dignitoso il fine vita naturale, combattere la paura della solitudine, dell’abbandono, della percezione, pericolosa, di essere un peso per la comunità”.

La posizione di FdI è chiara. Come è stata chiara quella di Salvini che è sulla medesima linea, diversa da quella di Zaia. Tuttavia il tema va affrontato in modo diverso. Suicido assistito e cure palliative non sono antitetici. Il primo è stato ammesso da una sentenza della Corte Costituzionale e, come osservato dal governatore, la legge che non è passata in Veneto si limitava a regolarne l’applicazione. Ed è più che ovvio che cure palliative sono indispensabili. Ma vengono prima. Il problema sorge quando queste non sono più sufficienti a togliere il malato da una sofferenza insopportabile e non finalizzata alla guarigione. 

Le cure palliative presuppongono che la medicina territoriale funzioni

Qualunque siano le convinzioni di ciascuno resta il fatto che, come rilavato nel convegno di FdI, questo cure sono del tutto insufficienti. E qui il discorso inevitabilmente si sposta dal piano etico a quello sanitario e organizzativo. Per avere un sistema di cure palliative efficiente ed efficace è necessario avere una medicina territoriale che funziona. E questo non esiste.

A cominciare dai medici di famiglia per finire all’Assistenza Domiciliare Integrata. Per poterle erogare, e con chi soffre non si può sbagliare un colpo, è necessaria una riforma complessiva del Sistema Sanitario Nazionale. Ma a questo pare che non sia nell’agenda del governo. E allora di che cosa si parla?

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