Renato Della Bella, 52 anni, sposato, due figli, imprenditore, formazione classica, è il presidente dell’Api di Verona. L’associazione, che rappresenta la piccola e media industria della nostra provincia, è per vocazione particolarmente radicata sul territorio dato che i suoi aderenti, a differenza della grande industria globalizzata, sono particolarmente legati alle infrastrutture ed alla forza lavoro del veronese. L’Adige l’ha incontrato per capire come gli imprenditori medio-piccoli vivono la situazione attuale.

«Apindustria nasce quasi sessanta anni fa – spiega Della Bella – e si sviluppa avendo come focus unico la rappresentanza delle PMI e l’erogazione dei servizi tarati sulla dimensione di queste aziende, principalmente manifatturiere, che operano nel nostro territorio. La vita associativa prevede sistemi di partecipazione che non dipendono dalla dimensione dell’azienda, ma dalla voglia di vivere l’Associazione sapendo che in Apindustria si vale per quello che si è, non per la dimensione della propria azienda. Da noi ogni impresa esprime un voto che non dipende, quindi, dal numero dei dipendenti o dal valore del fatturato. Il successo di Apindustria a Verona,- continua il Presidente – soprattutto del Nord est, è costituito dall’avere saputo interpretare al meglio le necessità delle PMI, molto diverse da quelle della grande industria e da quelle delle aziende artigiane.»

«Il conflitto di interessi delle grandi industrie e delle banche è evidente»

In Confindustria ci sono anche le banche…

Noi siamo convinti che non sia possibile rappresentare contemporaneamente le banche e le loro aziende clienti o la grande distribuzione ed i piccoli fornitori della stessa. I conflitti di interesse sono evidenti e se non sei dedicato in via esclusiva ad un comparto è facile che si possano subire le pressioni dei player più potenti.  Pensi solo alla tematica dei tempi medi di pagamento, annoso problema che assilla il mercato italiano. Da sempre noi ci battiamo per una legge che imponga tempi certi e più brevi per le PMI, legge che, ovviamente da sempre viene osteggiata dalla grande industria che ha tutto l’interesse a speculare sulle proprie aziende fornitrici. Lo stesso discorso vale nei confronti del mondo della finanza con cui le nostre aziende lamentano sempre maggiori problemi legati all’accesso al credito. Ritengo che solo una Associazione che non abbia le banche tra i propri associati possa essere libera di evidenziare le storture del nostro sistema finanziario che tanti danni hanno provocato alle nostre aziende, quali ad esempio quelli conseguenti alla vendita dei prodotti derivati.

Nordest, Veneto, Verona: lo scheletro portante delle economia della locomotiva del paese è la piccola e media industria, ma a livello di rappresentanza pare sia la grande industria a fare la parte del leone. Perché?

Da sempre i nostri imprenditori sono concentrati sulle loro aziende, PMI che per loro natura sono nate e cresciute grazie all’apporto insostituibile dei loro fondatori. Chiaramente il tempo da dedicare alla rappresentanza associativa è sempre stato inferiore a quanto hanno potuto fare gli imprenditori titolari di grandi aziende strutturate spesso gestite da manager. Esiste però anche una questione culturale – spiega il Presidente Apindustria-  in quanto il nostro imprenditore è poco incline alle relazioni istituzionali, ad accettare ruoli di rappresentanza, sostanzialmente ad accettare un ruolo pubblico in quanto la nostra tradizione è molto legata al fare e non all’apparire. Purtroppo la conseguenza di ciò è che il tessuto imprenditoriale del Veneto è spesso rappresentato da imprenditori che non conoscono appieno le vere esigenze delle PMI, che non hanno tra i propri valori il radicamento al territorio in cui operano e che non hanno l’interesse esclusivo alla continua evoluzione e crescita di Verona e provincia. Lo ripeto sempre, le nostre aziende non pensano a delocalizzare cercando convenienze speculative ma fanno di tutto per svilupparsi nel territorio in cui sono nate.

Verona e la sua provincia, pur potendo vantare un tessuto produttivo di tutto rispetto, negli ultimi 30 anni è piuttosto ferma. Le ultime grandi realizzazioni risalgono addirittura ai Campionati Mondiali di calcio del 1990. Che spiegazione dà?

Lo sviluppo di un territorio dipende dalla qualità della sua classe dirigente. Verona è diventata grande grazie alla sinergia ed alla condivisione di obiettivi di grande respiro che hanno coinvolto esponenti che venivano dal mondo della politica, dell’imprenditoria della cultura e della finanza. Insieme sono cresciute aziende, banche, poli universitari, fiera, aziende municipalizzate. Da circa quindici anni, però, la forza propulsiva di questi mondi si è fermata. Chi ha gestito Verona negli ultimi anni – nota Della Bella-  si è cullato sugli allori del passato non accorgendosi che, un pezzo alla volta, si stavano perdendo quell’insieme di realtà che hanno creato benessere e sviluppo nel nostro territorio. La selezione della classe dirigente non è più avvenuta con l’obiettivo della crescita diffusa bensì con quello della massimizzazione del ritorno a vantaggio di pochi, anche a discapito degli interessi della collettività. E’ mancata una visione al passo con l’evoluzione dei tempi che proietti Verona tra le città a respiro europeo. E’ mancata anche la capacità di analisi degli errori che si sono commessi per evitare di continuare a ripeterli. 

A che cosa si riferisce in particolare?

Pensi a quello che è successo alle nostra banche; in pochi anni le abbiamo perse tutte facendo passare il loro controllo, per quelle che non sono fallite, in mano a poli che con Verona non hanno nulla da condividere. Nonostante questo, negli ultimi mesi non siamo riusciti a difendere l’ultima istituzione finanziaria che ci era rimasta, Cattolica Assicurazioni, che è stata acquisita dalle Generali ad un prezzo di saldo a spese di migliaia di risparmiatori veronesi. Lo stesso si può dire dell’Aeroporto che da anni non è più al servizio del nostro territorio.

«Verona ha bisogno di un nuovo progetto di sviluppo e non più di cullarsi nel passato»

Le elezioni comunali di Verona del 2022 si avvicinano a grandi passi. Quali sono i principali nodi da sciogliere per la città che secondo lei devono entrare nel programma di chi amministrerà la città per i prossimi 5 anni?

Come dicevo, Verona ha bisogno di un nuovo progetto di sviluppo che la proietti a livello europeo. Per fare ciò deve uscire dal suo provincialismo e ragionare in grande, cercando di diventare polo di attrazione per grandi investimenti che la rendano un modello per condividere progetti anche con le province limitrofe. Stiamo vivendo una fase storica che ci sta portando verso città metropolitane che siano dotate di tutti quei servizi in grado di incidere positivamente sulla qualità della vita dei propri cittadini. Verona,- continua il presidente di Apindustria- grazie alla sua posizione geografica, alla ricchezza del suo tessuto ed alla indubbia bellezza del suo territorio, parte in una posizione dei vantaggio per diventare polo di aggregazione. Per fare ciò, però, deve risolvere una volta per tutte alcune criticità. 

Quali?
È assolutamente necessario lavorare sulla mobilità dando nuova linfa al sistema aeroportuale costituto dal Catullo e da Montichiari che hanno un enorme potenziale inespresso. Deve dotarsi di un sistema di gestione dei rifiuti che da buco nero diventi contemporaneamente rispettoso dell’ambiente e fonte di reddito per i servizi che ne possono derivare. Deve investire sul suo sistema scolastico e universitario – conclude Della Bella- facendo in modo che i nostri ragazzi siano preparati per soddisfare le necessità delle nostre aziende. Deve agire nell’ambito della sicurezza perché la malavita di stampo mafioso è sempre più presente a minacciare il nostro tessuto economico. Deve valorizzare la propria vocazione di polo logistico senza però trascurare l’importanza della manifattura.