L’Autobrennero chiede tempo fino a dicembre per trovare un’intesa e liquidare i privati. Ma se poi comandasse Roma?

(di Stefano Tenedini) Un mese, nove mesi, 10 anni, 30? Chi offre di più, chi vuol rilanciare? Non è un indovinello per chi riesce a immaginare quanto durerà il lockdown o ha vinto un contratto di lavoro a tempo, ma un tema serio: c’è in ballo una proroga della concessione per l’Autostrada A22 del Brennero da cui dipende il futuro stesso della società, oltre a una buona fetta del benessere dei territori che percorre e degli enti locali coinvolti. Tra i quali, non dobbiamo dimenticarlo, c’è anche la provincia di Verona. Se ne parla periodicamente, tra ipotesi fantasiose (come l’idea di dilatare i tempi con un’improbabile prolungamento a nord della Valdastico) o la convinzione sempreverde che la politica ci metterà una pezza. Peccato che dall’altra parte ora ci sia l’Unione Europea con le sue regole che non guardano in faccia a nessuno, comprese le Province Autonome nostre vicine.

Che la questione della concessione dell’Autobrennero sia urgente da tempo (un ossimoro di quelli che a noi italiani piacciono tanto) lo sa anche il governo di Roma, se non altro per l’importanza di questa arteria nel quadro del sistema viario italiano… e appunto europeo. Tanto che il viceministro alle Infrastrutture e mobilità sostenibili, Alessandro Morelli, si è preso formalmente l’impegno di portare già nei prossimi giorni il problema all’attenzione del ministro Giovannini. Con questa promessa Morelli ha concluso la sua giornata trentina nella sede della società, in cui ha incontrato il presidente della Provincia Maurizio Fugatti e i vertici della A22: il presidente Hartmann Reichhhalter e l’amministratore delegato Diego Cattoni. Sul tappeto anche i progetti già definiti sul fronte delle immissioni, della sicurezza e della tecnologia: ma è chiaro che la questione “di vita o di morte” è la concessione.

L’incontro con il viceministro alle Infrastrutture e mobilità sostenibili, Alessandro Morelli

Al vertice non mancava nessuno degli enti locali del Trentino e dell’Alto Adige, a conferma che l’argomento è davvero scottante. Presenti dunque il vicepresidente della Provincia di Bolzano Daniel Alfreider, il sindaco di Trento Franco Ianeselli e il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher. Fugatti, leghista come Morelli, gli ha evidenziato gli aspetti più rilevanti della questione sottolineando la necessità di avviare quanto prima un dialogo con il ministro Giovannini. “Siamo giunti a un momento strategico e delicato per la società Autostrada del Brennero”, gli ha chiarito, “e il percorso per il rinnovo della concessione, in base alle ultime previsioni legislative, non può essere tecnicamente portato a termine in un mese, cioè entro l’ormai prossima scadenza del 30 aprile. Per tali motivi, anche d’intesa con il presidente Kompatscher, chiediamo che vi possa essere una proroga della scadenza quanto meno fino alla fine del 2021”. Le “previsioni legislative” di cui parla Fugatti sono in sostanza l’ipotesi che l’Autobrennero diventi una società in house, cioè composta dai soli soci pubblici senza la presenza dei privati, che andrebbero liquidati.

Guardando il calendario non c’è alcun dubbio che allontanare di nove mesi il momento del redde rationem possa concedere agli enti locali i margini per tentar di sbrogliare proprio la matassa più intricata. Due i fili ancora annodati: da un lato bisogna convincere i soci privati a levare le tende (ma bisogna accordarsi sul prezzo) e dall’altro la governance della futura società pubblica. Di certo la mini-proroga potrebbe diventare anche un utile trampolino di lancio per saltare in corsa su una maxi-proroga di dieci anni, che sembra non dispiacere al variopinto pacchetto di province e comuni. Del resto quella delle proroghe prorogate e via prorogando è una storia infinita, se si considera che la concessione per l’Autobrennero è scaduta nel 2014 e da allora si va avanti così, oscillando tra Europa e Italia mentre nessuno sembrava aver fretta di prendere una decisione. A un certo punto a Bruxelles, un po’ stufi di attendere, hanno detto che se la A22 vuole il rinnovo della concessione per trent’anni si può fare, a patto di escludere i privati dalla compagine societaria. Se no si va a gara, fine.

Solo che una gara europea è come una scheggia impazzita, non si sa chi possa vincerla. Ed è più difficile, mettiamola così, fare in modo che il risultato assomigli ai propri desideri. Di fronte a questa prospettiva sono saltati sulla sedia non solo gli enti locali ma anche Roma, che non aveva mai detto una parola chiara su chi deve comandare a Trento. È chiaro che preferiremmo evitare la gara per non lasciare un’arteria strategica in mano a dei privati di chissà dove, quindi serve una soluzione alternativa credibile e applicabile. L’ipotesi infatti è una società completamente pubblica (la famosa in house) senza i privati, che controllano al momento poco più del 14% di Autobrennero SpA. I soci possono essere liquidati grazie a una legge italiana introdotta alla fine del 2020, ma sul valore della partecipazione non si è ancora trovato l’accordo. I privati per le loro quote chiedono 160 milioni, mentre secondo la Corte dei Conti la cifra non supererebbe i 70 milioni.

La proroga fino a dicembre serve quindi a comprare il tempo utile a trovare l’intesa, visto che le trattative si sono interrotte tra una crisi di governo e altra. L’altro tema riguarda la governance della nuova società tutta pubblica: allontanato il pericolo della gara europea, c’è il rischio che Roma e i territori (ri)comincino a litigare su chi porterà i pantaloni. Gli enti locali temono che la politica centrale annacqui il ruolo dei territori statalizzando di fatto la A22: evidentemente una proroga trentennale, con una ricca dote fatta di appalti e lavori, ha l’effetto del classico piatto ricco mi ci ficco. Il libro dei sogni è già aperto alla pagina del piano economico: investimenti iniziali fra 3,5 e 4,1 miliardi per disegnare l’Autobrennero del futuro. E niente, noi siamo fatti così: ci piace l’odore dei cantieri al mattino.

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