Pasta, il mercato USA è sempre più “italiano”: più 39% negli ultimi tre anni

Gli Stati Uniti resteranno il mercato per la pasta italiana nei prossimi anni che si confermerà il primo fornitore sia per la materia prima, sia per i macchinari e tecnologie, sia per il prodotto finito. Lo dicono i dati della recentissima ricerca di Monitor Deloitte per Intesa Sanpaolo.  A fronte di una crescita annua composta dello 0,6% nel quinquennio 2021-225, la produzione statunitense continua a registrare cali significativi: il 3% soltanto nell’ultimo esercizio.

Il mercato statunitense cuba 9,3 miliardi $ con una produzione di 1,8 miliardi di chili con una bilancia produttiva in passivo di 230 milioni dato che a fronte di un export Usa per 710 milioni, le importazioni sono salite a 940 milioni. In presenza di consumi complessivi per 3,7 miliardi chili e ad uno stock iniziale di 1,067 miliardi, i produttori sono dovuti ricorrere ai concorrenti esteri per far fronte alla domanda interna. Musica per gli operatori italiani che oggi forniscono 446,2 milioni di chili, di gran lunga il primo partner commerciale per gli Usa davanti a Canada (232,9 milioni/kg), Corea del Sud (107 milioni/kg) e Cina (103 milioni/kg).

Nel volgere di tre anni, le esportazioni complessive italiane sono passate da 488 a 682 milioni$ comprendendo in questo valore sia le vendite di materia prima, di tecnologie e di prodotto finito. La crescita di quest’ultimo è stata del 24,4%; quella della materia prima del 10 mentre le vendite di tecnologie e macchine per la molitura è calata del 10%.

Il risultato si spiega con la sempre crescente voglia di pasta dei consumatori statunitensi: il 15% in più rispetto al 2019 con una punta del più 40% durante i mesi più duri della pandemia. Il 60% dei consumatori mangia pasta da una a quattro volte a settimana ed il 79% dei consumatori prepara ricette italiane e vede nel nostro piatto-bandiera il simbolo non soltanto della dieta mediterranea ma anche valori “prettamente italici” come ospitalità, felicità e condivisione.

Procapite gli statunitensi sono diventati i quarti consumatori al mondo alle spalle di Italiani (23 kg/testa all’anno), Tunisini (17 kg/testa anno), Venezuelani (12 kg/testa anno) precedendo Francesi (8,3 kg), Tedeschi (7,9 kg) e Spagnoli (3 kg). Per età la fascia prevalente dei consumatori si posiziona fra i 45 ed i 65 anni d’età, ma crescono i consumi fra gli over25. Gli spaghetti sono i preferiti (68% dei consumi) davanti a fettuccine, penne e gomiti.

Il 40% degli acquisti si concentra nella GDO che però registra un calo del 2% nell’ultimo esercizio. Cresce fortemente il ruolo dell’e-commerce (più 27% quest’anno) a fronte però di un peso più basso negli acquisti complessivi, appena il 7%. In calo sono i piccoli alimentari di prossimità (13% del mercato) mentre crescono discount e Ipermercati (complessivamente il 33% del mercato).

Italianissimo è poi il leader del mercato: Barilla (nella foto il quartier generale di Northbrook, Illinois) infatti ha il 32,4% come market-share con 35 tipi di pasta posti in commercio e diversi piatti pronti e sedi produttive in loco che utilizzano il grano duro locale; segue Mueller’s del New Jersey col 12,8% del mercato; Ronzoni di New York col 9,4, Creamette di Minneapolis col 7,1 ed, infine, Buitoni Usa col 6,3% del mercato e la produzione realizzata in loco. Rana, colosso in Italia, sta superando negli USA i 300 milioni di fatturato ed ha raddoppiato la propria capacità produttiva con un nuovo stabilimento a Chicago.

Quali le prospettive, allora? Per Fabrizia Grillo di Monitor Deloitte «Bisogna passare dalla brand recognition alla brand loyalty tenendo presente le condizioni del mercato Usa coi suoi tre livelli nella distribuzione (importatore-agente-distributore) e quindi valutando con attenzione l’opportunità di insediamento nel mercato più ricco del mondo dove non mancano esempi positivi al riguardo. Ad esempio, Surgital che nel 2017 ha avviato una sua newco  per produrre e distribuire pasta surgelata e prodotti ripieni, realizzati con un occhio di riguardo al gusto americano. Oggi, a distanza di pochi anni, produce 60mila piatti pronti al giorno e 135 tonnellate di pasta fresca».

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