Sedentarietà, inquinamento e obesità: ecco i complici del fortissimo incremento dei casi di diabete in Veneto

L’inquinamento dell’aria e delle acque, il progressivo trasferimento della popolazione dai paesi ai grandi centri urbani, troppa sedentarietà unita a stili di vita poco sani. Sono questi i complici del preoccupante aumento dell’incidenza dei casi di diabete nel Veneto, confermati dalla Società Italiana di Diabetologia. In regione vivono poco meno di 4,9 milioni di persone, delle quali 278 mila si dichiarano diabetiche, quindi con una percentuale che sfiora il 6%.

E il dato sembra destinato a crescere ulteriormente, visto che rispetto al 2000 c’è stato un incremento di circa il 3%, conseguenza almeno in parte del fatto che solo il 35% degli abitanti pratica qualche attività fisica, mentre ben il 21,5% è del tutto sedentario. I dati Istat per il 2021 confermano che in Veneto il 40% delle persone è sovrappeso o ha sintomi conclamati di obesità, compreso un inquietante 20% anche tra i bambini, di cui solo il 20% va a scuola a piedi o in bicicletta e il 25% passa più di due ore al giorno con i videogiochi.

Altre concause dell’aumento dei diabetici è lo sviluppo del parco veicolare del Veneto, che è passato nel giro di 12 anni (dal 2004 al 2016) da 580 a 620 auto per 1000 abitanti, una motorizzazione che ha influenzato il tasso di popolazione affetto da diabete. Fa la sua parte negativa anche il progressivo trasferimento degli abitanti verso le città, con un indice di urbanizzazione superiore di 2 punti alla media nazionale. Contestualmente, ed è un altro dato decisamente negativo sotto ogni punto di vista, si è registrato un costante aumento delle emissioni inquinanti (soprattutto di ossidi di azoto), determinate dai trasporti stradali.

“Questi dati dimostrano in sintesi come stili di vita, urbanizzazione e inquinamento oggi hanno portano a un progressivo incremento non solo del diabete mellito, ma anche di altre importanti malattie croniche non trasmissibili come obesità, cancro e pneumopatie”, sottolinea il prof. Angelo Avogaro, presidente nazionale della Società Italiana di Diabetologia. “Solo una forte presa di coscienza e una netta inversione di tendenza nella programmazione socio-sanitaria potrà incidere su qusti dati sempre più allarmanti”.

Veneto a parte, la situazione nazionale non è più rosea, anzi. Il diabete mellito è una malattia sempre più correlata al contesto sociale, culturale e ambientale e sta assumendo sempre più i contorni di una vera e propria emergenza sanitaria: in Italia si stimano oltre 5 milioni di persone con diabete, tra cui 3,5 milioni diagnosticate e circa un milione e mezzo senza diagnosi, con una crescita del 60% negli ultimi vent’anni. Anche in tutta Italia tra le molteplici cause dell’incremento c’è l’eccessiva urbanizzazione e uno stile di vita più sedentario. Nel 2025 il 65% delle persone con diabete vivrà nelle aree urbane, dato che nel 2040 salità al 75%. Non a caso l’International Diabetes Federation e l’OMS individuano nella città la frontiera calda del contrasto alla crescita del diabete.

Un ruolo importante lo svolge anche l’inquinamento atmosferico: l’associazione con il diabete di Tipo 2 è presente nella letteratura scientifica, che stima in una percentuale del 15% circa a livello mondiale i casi in cui l’esposizione prolungata allo smog, unita all’adiposità e dall’infiammazione di basso grado potrebbe avere un ruolo nello sviluppo del diabete mellito. Scarsa consapevolezza dei fattori di rischio comportamentali, stress psicosociale, accesso inadeguato alle cure e all’educazione sanitaria: se da un lato le minori risorse economiche tendono a ostacolare il passaggio ad abitudini di vita più sane ma spesso anche più costose, dall’altro lato la letteratura scientifica riporta un rischio di diabete nelle persone meno istruite mediamente superiore del 60%. Tra le donne queste disuguaglianze crescono per tutte le classi di età.

Tutti questi aspetti verranno affrontati durante diversi simposi al convegno nazionale promosso dalla SID, in programma in maggio a Riccione: da “Prevenzione primaria: una sfida sostenibile” a “Il paziente a rischio: un sorvegliato speciale” e “Diseguaglianze socio-economiche e diabete”. “Il diabete mellito, tra le più frequenti malattie croniche non trasmissibili, emerge non solo come conseguenza di stili di vita inappropriati ma come conseguenza di contesti socio-economici degradati”, aggiunge il prof. Avogaro. “Va anche ricordato che il diabete è non solo strettamente connesso all’obesità ma anche a diverse forme di neoplasie: per questo il paziente con diabete deve trovare un ruolo centrale nell’organizzazione sanitaria dedicata alle cronicità, altro tema che sarà affrontato al convegno da esperti non solo nel campo della medicina ma anche di politica sanitaria”.

Accanto alla forma più prevalente di diabete mellito, ovvero il diabete Tipo 2 che ha un’insorgenza soprattutto nell’età adulta, si tratterà il diabete Tipo 1, patologia che ha un’insorgenza sia nel bambino e nell’adolescente ma anche nell’età adulta”, spiega la presidente eletta della SID, l’endocrinologa Raffaella Buzzetti. “Si esporranno i più recenti studi in tema di terapia, sia relativi alle più nuove molecole di insulina che alle recentissime terapie appena approvate dalla FDA, l’ente regolatorio americano. Tali terapie, al momento in discussione all’EMA, riguardano l’approvazione di un nuovo farmaco potenzialmente prescrivibile nei familiari di persone con il diabete Tipo 1 e a rischio a loro volta di ammalarsi di questa patologia. Inoltre”, conclude la prof. Buzzetti, “ben venga l’appello del ministro della Salute alla promozione di un sano stile di vita, anche per ridurre l’inattività e adottare un’alimentazione corretta: più frutta e verdura e meno sale per contrastare obesità e sovrappeso”.

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