Troppo ritardo nel comunicare di voler rimuovere l’AD Minali: e adesso Consob multa Cattolica Assicurazioni di 90 mila euro

(s.t.) Un ritardo molto comodo, ma evidentemente gestito ben al di fuori dalle regole, e per questo punito con una multa salata che avrebbe potuto raggiungere importi ben più pesanti. Per aver forzato a proprio vantaggio tempi e modalità di comunicazione della revoca delle deleghe all’allora amministratore delegato Alberto Minali nell’autunno di due anni fa, la Consob ha così irrogato una sanzione di 90 mila euro a Cattolica Assicurazioni. Lo conferma la stessa Authority, spiegando nel proprio bollettino come la compagnia veronese si fosse già attivata per la sfiducia all’AD nel mese di settembre, ma la procedura con cui le società devono avvisare la Commissione di controllo di un ritardo nella comunicazione era partita solo una settimana dopo aver raggiunto la decisione.

Proprio mentre dopo la conclusione dell’Opa si sta completando l’acquisizione di Cattolica da parte di Generali (con le azioni veronesi in ulteriore calo in Borsa dello 0,77% a 6,46 euro, in attesa di notizie sui prossimi passi), sulla compagnia di Lungadige Cangrande cade un’altra tegola. Forse non si tratta di un grave danno dal punto di vista economico, ma è sicuramente un altro colpo a quanto rimaneva della credibilità della gestione Bedoni, ormai archiviata… salvo strascichi più giudiziari che finanziari, che potrebbero uscire dalle inchieste tutt’altro che esaurite. Ma vediamo nei dettagli quali sono le attività indebite che Consob ha punito con una sanzione che in tutto avrebbe potuto raggiungere la ragguardevole cifra di 3,5 milioni, secondo la notizia di agenzia ripresa da Borsa Italiana.

Cattolica oggi ha perso in Borsa lo 0,77% a 6,46 euro. In alto l’ex presidente Bedoni con Alberto Minali prima di revocarne le deleghe.

Il processo decisionale per la rimozione di Minali, fa dunque notare l’Authority, “è stato avviato fin dal mese di settembre 2019 e si è concretizzato nelle settimane antecedenti l’annuncio formale. In particolare, in base alle evidenze documentali riscontrate, è stata individuata nel 25 ottobre 2019 la data a partire dalla quale, al più tardi, si sarebbe dovuta qualificare l’informazione come privilegiata”. Invece, sottolinea Consob, Cattolica ha scelto di rimandare l’attivazione del meccanismo del “ritardo” (che consente di rinviare la pubblicazione di una notizia privilegiata), fino al 31 ottobre.

Inoltre, come precisa in sostanza Consob, l’elenco delle persone che hanno accesso alle informazioni privilegiate presentava vistose omissioni. Si tratta dell’insieme di nominativi, disciplinato ai sensi dell’art. 18 del Regolamento MAR, che viene formulato per individuare chi deve ricevere tali informazioni. Infatti il documento sulla decisione di revocare le deleghe all’amministratore delegato non includeva i nominativi dei 13 consiglieri che erano a conoscenza di queste informazioni e avevano anzi “attivamente partecipato al relativo processo decisionale”. Dalle ispezioni della Consob, si spiega nella delibera della commissione presieduta da Paolo Savona, sono emerse anche “carenze sotto il profilo della gestione dei presìdi di riservatezza, richiesti ai sensi del Regolamento europeo sugli abusi di mercato”.

Un’altra dimostrazione che il rapporto tra l’ex presidente di Cattolica Bedoni e il suo amministratore delegato Minali era già decisamente compromesso ben prima dell’improvvisa sfiducia. Che in realtà si è poi scoperto esser stata accuratamente preparata con il supporto di parte del CdA, oltre che di alcuni dirigenti e consulenti esterni. Il manager, che nei mesi scorsi ha dato vita alla Spac Revo, si era dimesso da consigliere della società nel maggio 2020, alla vigilia della richiesta di Ivass di procedere a un aumento di capitale da 500 milioni. Intimazione che pochi mesi dopo ha spianato la strada a Generali cambiando per sempre la storia di Cattolica e accelerando la fine del sistema Bedoni. In seguito, Minali aveva anche fatto pervenire a Cattolica un atto di citazione con cui aveva chiesto alla sua ex compagnia un risarcimento di 9,6 milioni, motivato con “la mancanza di una giusta causa” nella revoca delle sue deleghe. Una richiesta cui la compagnia si era opposta ritenendola del tutto infondata.

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