I festeggiamenti dei marocchini che risiedono in Italia per i successi della loro nazionale ai mondiali di calcio sono una novità per noi che eravamo abituati a vedere quelli per la nostra nazionale o per le squadre cittadine. Mai avevamo visto manifestazioni di giubilo per una squadra straniera. Ma c’è poco da meravigliarsi. E’ l’effetto dell’immigrazione. E se non fanno danni, non c’è niente di male se i marocchini che abitano a Verona o in altre città europee vadano a festeggiare la loro nazionale, rivelazione dei mondiali.
Ma poiché nella vita c’è sempre da imparare, anche da questi festeggiamenti possiamo fare una deduzione utile a comprendere il fenomeno immigratorio.
L’Italia è fuori dai mondiali. Non c’è quindi competizione fra la nostra nazionale e quella del Marocco. Ma in Belgio e in Francia, dove pure risiedono numerosi i marocchini, sì. E questi non tifano per la squadra della loro ‘seconda patria’, ma per il Marocco, com’è logico e naturale che sia.
A Molenbeek, Anderlecht, Schaerbeek e a Bruxelles, come a Parigi, i tifosi che suonavano il clacson ed esibivano le bandiere marocchine per le strade a bordo delle loro auto con targa belga o francese, hanno espresso legittimamente la loro gioia. Ma così facendo hanno anche infranto una volta per tutte il mito dell’integrazione nel Paese che li ha accolti. Così facendo hanno voluto riaffermare la loro identità e la loro nazionalità marocchina che prevalgono sulla cittadinanza belga, francese e, per quelli che abitano qui da noi, italiana. E’ una scelta. Non solo legittima, ma anche apprezzabile, perché è giusto oltre che naturale aver cura delle proprie radici. Ma è una scelta che dimostra come sulla cittadinanza, che è un fatto formale, prevalga la nazionalità che è un fatto sostanziale. Va da sé che il senso d’apparenza etica, la cultura, la religione, l’educazione, gli usi e i costumi prevalgono sulla residenza.
I propagandisti dell’integrazione, del melting-pot, del cosmopolitismo possono cantarla come vogliono, ma quei marocchini che sono scesi per le strade delle nostre città, del Belgio e della Francia ha gridare l’orgoglio per la loro identità, all’occasione rappresentata dalla nazionale di calcio, hanno infranto il mito dell’integrazione.