La medicina difensiva ci costa 11 miliardi all’anno. E’ un lusso che la sanità italiano non si può permettere. Che cos’è la medicina difensiva? E’ quell’atteggiamento che i medici mettono in atto per prevenire eventuali contenziosi legali con i pazienti che, molte volte a torto e qualche volta a ragione accusano i sanitari che l’hanno curato di errori o inadempienze. Più a torto che a ragione, visto che le circa delle 35 mila cause intentate contro i sanitari solo il 2% si conclude con la condanna del sanitario. Vuol dire che le denunce sono quasi tutte speciose, sporte per tentare di raggranellare qualche soldo di risarcimento, magari istigate da qualche legale in cerca di guadagno. Ma intanto spese per gli avvocati, tempo perso per i medici e per i giudici e soprattutto perdita della tranquillità per chi deve operare sulla salute dei cittadini.
La medicina difensiva è cresciuta negli ultimi anni
Questo fenomeno si è dilatato a dismisura negli ultimi decenni, tanto che ormai il medico, quand’anche convinto di una certa diagnosi o terapia, ordina al paziente tutti gli esami diagnostici possibili del caso per mettersi al riparo da eventuali contestazioni, provocando l’allungamento delle liste d’attesa. E’ la medicina difensiva, che cosa al sistema sanitario 11 miliardi di euro, che altrimenti potrebbero essere risparmiati e usati per far funzionare meglio il sistema.
Zaia, inaugurando a Padova il convegno sul tema nel fine settimana ha dichiarato: “La medicina difensiva è un problema serio che in questi anni è diventato sempre più centrale nel nostro sistema sanitario perché crea un aumento della spesa sanitaria. In Veneto contiamo su oltre 12.000 medici e 60.000 operatori sanitari che, ogni giorno, garantiscono con dedizione la cura dei cittadini erogando 80 milioni di prestazioni all’anno. È essenziale che possano lavorare in un contesto normativo chiaro e sicuro, che tuteli allo stesso modo il loro lavoro e i pazienti”.
Per superare questo stato di cose s’è penato ala depenalizzazione dell’atto medico, che però, come osservato dal procuratore di Venezia Cherchi, implicherebbe delle eccezioni di costituzionalità.
Più efficace sarebbe invece condannare per “denuncia temeraria” coloro che trascinano i medici in tribunale, intasandoli, ed obbligandoli a risarcire, in caso di soccombenza in giudizio, colui che ha ingiustamente e, ripetiamolo, temerariamente accusato di malpractice sanitaria.