L’Adige ha ricostruito il dossier al veleno. Valdegamberi: nessuno mi può comprare o minacciare

(b.g. – s.t.) Stefano Valdegamberi è da giorni nel mirino dell’informazione perché tra i politici europei pro-Russia presenti in Crimea dopo il 2014 è rimasto uno dei pochi ancora in attività. Non fa mistero della sua posizione contraria all’invio di armi a difesa di Kiev così come delle sue accuse all’Unione Europea ed alla Nato di fomentare il conflitto anzichè operare per risolverlo. Ora viene citato e accusato molte volte in un imponente dossier raccolto e diffuso da IrpiMedia, Occrp e altre reti di reporter e agenzie di stampa attive in Europa Orientale e Occidentale e in altre aree del mondo. L’Adige ha esaminato le email al centro del dossier e ha raccolto le puntuali risposte del consigliere regionale veronese.

Sono oltre 20 mila le email hackerate – quindi sottratte illegalmente – dal computer del lobbista russo Sargis Mirzakhanian, responsabile della “International Agency for Current Policy” dopo l’invasione della Crimea. Nelle email emerge che il gruppo, collegato al Cremlino, avrebbe offerto per anni pagamenti a politici europei per promuovere politiche filo-russe, legittimare l’annessione e sostenere mozioni e progetti per stringere i rapporti politici ed economici tra Russia e Paesi europei. Paesi target delle attività dell’organizzazione oltre all’Italia erano (sono ancora?) anche l’Austria, la Germania, la Bulgaria, la Grecia, Cipro, la Lettonia, la Romania e la Turchia.

Valdegamberi viene chiamato in causa proprio in questo contesto, ma come vedremo rifiuta questa interpretazione e rilancia. Però nel frattempo, avendo a disposizione il report, L’Adige ha visionato e selezionato alcune delle email più significative. Non significa che testimonino la verità – in guerra, sia quella combattuta che la “infowar”, la verità è la prima vittima –: il dossier conferma soltanto che l’attività pro-Russia di parte della politica e dell’imprenditoria italiana è al centro di grossi interessi, con forze in campo più ampie di quanto si possa immaginare.

I reporter che hanno ricostruito le attività del gruppo di pressione russo “traducono” le email visionate da L’Adige in una infografica che riflette l’accusa più infamante: aver accettato quattrini da Mosca. Con tanto di nomi, cognomi, ruolo, foto e compensi dei politici coinvolti la grafica non vuole lasciare dubbi di sorta al lettore. Valdegamberi è presente con un “budget” di 3000 euro, e in altre comunicazioni appare tra quanti hanno intrattenuto rapporti con l’agenzia russa, che lo cita per le partecipazioni alle elezioni russe in Crimea nel 2018 o come osservatore alle elezioni parlamentari russe del 2021, quando avrebbe dichiarato di essere “rimasto colpito dalla trasparenza”.

Sempre secondo il report al politico veronese viene attribuito il tentativo di far fruttare le sue connessioni, ad esempio portando in Crimea nel 2016 investitori e politici italiani (tre dal Veneto e altri quattro da Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria). Tanto che in una email uno dei referenti dell’agenzia russa scriveva che “per Stefano il risultato non è stato solo di PR, ma l’organizzazione di contatti per iniziative imprenditoriali che sostengono le sue campagne elettorali e la sua vitalità politica”.

A questa ricostruzione Valdegamberi non ci sta, e ricostruisce nel dettaglio quanto accaduto durante i suoi viaggi in Crimea: “Punto primo: ho partecipato a un Forum Economico e per questo forum non ho mai preso un centesimo di compenso per i convegni in cui ero relatore”, sottolinea oggi. “C’erano politici di livello nazionali e internazionali. Il tema che trattai era quello delle sanzioni e delle ricadute sull’economia italiana, dimostrando il loro effetto boomerang”. E aggiunge anche un passaggio a proposito del compenso ricevuto. “Falsa è la dichiarazione dei 3000 euro”, ribadisce. “Business Russia, l’organizzatore, pagava o rimborsava il biglietto aereo e l’albergo ai relatori, come succede normalmente in tutto il mondo. Saranno state le spese di viaggio e alloggio per la delegazione che faceva capo a me, ma non certo compensi per il sottoscritto”.

Il dossier riserva poi un approfondimento anche a una delle attività di Valdegamberi in Veneto, definendolo “il più significativo risultato, un autentico successo in Europa”. Si riferisce a quando il Consiglio Regionale Veneto nel 2016 ha adottato una mozione che riconosceva i risultati dei referendum russi in Crimea e chiedeva la fine delle sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia. L’ipotesi è che la mozione fosse stata redatta con l’aiuto del gruppo legato al Cremlino e con il sostegno di Valdegamberi, fotografato nell’occasione sul Canal Grande mentre tiene in mano la bandiera russa. La delibera era stata adottata a maggioranza il 18 maggio 2016, e anche se il Consiglio regionale non ha alcun potere significativo a livello nazionale, i media di propaganda russi avevano riferito che era la prima regione europea a legittimare l’annessione della Crimea. In seguito anche Liguria e Lombardia avevano seguito il Veneto, salvo ritirarle tutti quelle mozioni un anno fa, dopo l’invasione russa all’Ucraina.

C’è un altro episodio citato dal dossier che ha come scenario la Crimea: durante la visita dell’ottobre 2016 la delegazione italiana fu portata in visita a un’area di sviluppo turistico-residenziale chiamata “Villaggio italiano”. Qui Valdegamberi, che guidava il gruppo, è fotografato con in mano un certificato in cirillico e in italiano, in una piazza tra edifici recenti. Secondo il documento sarebbe diventato proprietario di una casa nel resort (situato a Chernomorskaya, sulla costa occidentale della Crimea), sempre come compenso per l’attività di sostegno alle politiche annessionistiche di Mosca.

Valdegamberi smentisce l’accusa senza neanche prenderla troppo sul serio. “I russi mi avrebbero dato un appartamento? Questa sembra persino una barzelletta: magari! La notizia”, aggiunge, “è così segreta che la pubblicai io stesso su Facebook. Un amico costruttore, ripreso con me nella foto, realizzò un villaggio turistico. In occasione del Forum Economico, con imprenditori da tutto il mondo, mi chiese di potergli fare uno spot per promuove la vendita dagli appartamenti, dato che ero l’italiano più in vista e conosciuto del momento.  Andai al villaggio, fingendo di prendere un appartamento, dicendo che il posto era magnifico e sarei andato a fare le vacanze lì. Era chiaramente uno spot, tant’è che divertendomi lo pubblicai persino sui social”.

La recente manifestazione di Stefano Valdegamberi contro la guerra: il dossier è stato reso pubblico proprio in concomitanza di questo evento

Va detto che le email indicano nei dettagli come i lobbisti russi intendessero pagare i politici, ma non ci sono estratti conto o documenti finanziari che provino che i pagamenti siano effettivamente avvenuti. Il dossier suggerisce peraltro che il gruppo avrebbe pagato ai politici migliaia di euro per attività filo-russe a partire dal marzo 2007, e non è chiaro se l’Agenzia sia ancora in attività. Valdegamberi non ha mai negato la sua vicinanza alla Russia, e ancora oggi conferma di essere una “voce amica”. Nei giorni scorsi ha anche organizzato una manifestazione contro la scelta italiana di inviare armi e le sanzioni che a suo dire danneggiano l’Europa e non la Russia. Il report sottolinea inoltre che a novembre 2022 “ha scritto un editoriale in cui giudicava un grave errore la decisione dell’UE di definire la Russia uno stato terrorista. Ma”, si commenta nel dossier, “non ha menzionato che da tempo collaborava con il gruppo russo di pressione”.

Una conclusione che il politico veronese rigetta, contrattaccando così. “Quando ho visto il rapporto di questa fantomatica agenzia straniera mi è venuto da sorridere per le stupidaggini scritte, ma ho anche subito pensato all’uso criminale dell’informazione per condizionare l’opinione delle persone”, dice. “Chi esce dal coro va zittito con il discredito. Mai visto un rapporto così diffamatorio: si vede chiaramente che è fatto su commissione e con l’obiettivo ben preciso di delegittimare con ogni mezzo chi è contro le sanzioni, la guerra e l’invio di armi. È stato programmato a orologeria, tutto studiato a tavolino dalla regia che lo ha prodotto. Peccato che sia del tutto infondato, interpretando pretestuosamente fatti e circostanze.  Diventa quasi un avvertimento di stile mafioso, conclude: “attento, se vai avanti ti demoliamo. I media hanno la forza di farlo, ma dietro ci sono sempre dei mandanti”.

Tornando agli aspetti economici, il dossier parla anche di parlamentari italiani e di imprenditori del settore vitivinicolo, che si erano interessati alle possibilità di investire nel comparto agricolo della Crimea. La penisola nel Mar Nero da metà Ottocento è la culla della spumantistica: prima zarista, poi sovietica e ora russa, vede la presenza del maggiore player del settore, Abrau Durso. Quello del vino era un rapporto che si voleva consolidare: Gancia – ad esempio – ha da alcuni anni nel suo azionariato realtà russe e le potenzialità locali sono considerate estremamente interessanti. Va detto che pochi valutavano i pericoli della situazione sul terreno: al Vinitaly di qualche anno fa perfino la nostra redazione organizzò la prima degustazione in Italia di Sovetskoye Shampanskoye”. La percezione era assai diversa da quella attuale, insomma. Nel dossier era poi citato l’interessamento di Valdegamberi per sviluppare in Crimea un sistema di gioco legale con il know how di una società italiana. Anche in questo caso nessuna attività illecita, ma solo la conferma della volontà di ricercare stabili e profittevoli relazioni d’affari fra la Russia di Putin e realtà come il Veneto, che avevano accolto con più entusiasmo – o disinteresse – l’annessione della Crimea nel 2014.

Sulla vicenda è intervenuto anche il portavoce dell’opposizione in Consiglio regionale, Arturo Lorenzoni: “Prima del 2014 era comprensibile e legittimo accompagnare le imprese italiane in Russia: in un grande Paese, con alti capitali da investire e una forte tradizione industriale, vi possono essere degli ottimi partner sul piano economico. Ma già promuovere tali relazioni politiche ed economiche in Crimea dopo l’annessione russa, non riconosciuta a livello internazionale, era un passo azzardato. Ostinarsi a difenderle, talvolta in maniera scomposta, dopo il 24 febbraio 2022, quando la Russia ha attaccato militarmente l’Ucraina, è inaccettabile. Con questo comportamento”, conclude Lorenzon, “si mette in discussione il posizionamento strategico dell’Italia: e questo è inaccettabile”.

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