Raccontare con la voce. Parte da Verona la nuova frontiera della comunicazione aziendale: con il “branded podcast” le imprese creano la loro community

(di Stefano Tenedini) Si chiama branded podcast e per la comunicazione delle aziende è sia il passato che il futuro. Che cos’è? Si ascolta ma non è radio, va oltre il sito internet, non è un social, e ci toglie di dosso l’eccesso di pressione sensoriale che i video si portano dietro. È un contenuto fatto di parole e non solo, va dritto al cervello (e al cuore) degli ascoltatori perché non passa per la lettura. Infatti riprende l’antica tradizione della narrazione orale e perciò occupa uno spazio crescente fra gli strumenti che le imprese scelgono per rivolgersi alla loro community. Ma non è un gioco: è un’opera da creare con cura per non sprecarne le potenzialità: se fatto bene, tiene in equilibrio tecnologia digitale, contenuti ed emozioni, creando fiducia e coinvolgimento.

Non è più una novità, ma Verona come al solito è un po’ restia a sperimentare: “Vediamo come va, poi magari ci pensiamo anche noi, grazie”. Ma c’è Pensiero visibile, una società di comunicazione, che del racconto a voce si è innamorata e ci crede davvero, al punto da affiancare alle proprie attività il brand Storie avvolgibili proprio per produrre e proporre i podcast. Non è una scommessa azzardata: in Italia 1,7 milioni di ascoltatori hanno seguito almeno un podcast, dedicandogli in media 25 minuti. Gli “utenti” sono tra i 25 e i 35 anni e siamo al sesto posto al mondo per gli ascolti. La narrazione orale è antica come l’uomo, e vive una nuova primavera non “contro” ma grazie alla tecnologia. Ne abbiamo parlato con Gaia Passamonti, appassionata umanista e socia fondatrice dell’agenzia di Parona.

Cosa distingue il branded podcast dagli altri media? “La funzione. La radio, ad esempio, ha un flusso continuo e vive in quel preciso momento, invece i podcast li ascolti quando vuoi, li fermi e li riprendi. Ma in Italia c’è un po’ di confusione e si definisce podcast anche una trasmissione registrata. Noi lo consideriamo un film per le orecchie, progettato per questo uso specifico: e con la radio c’è la differenza che passa tra un romanzo e un’enciclopedia. Chi lo sceglie per comunicare porta a casa due risultati. Il vantaggio competitivo di essere tra i primi a puntare su un mezzo che trattiene tanto a lungo l’attenzione degli ascoltatori, che trasmette i valori, l’identità e la qualità dell’impresa. Non è lo spot che ti salta addosso anche se non vuoi: il podcast ti accompagna, non ti interrompe. E se lo scegli entri in una community unita e affezionata: le aziende più attente sanno bene quanto questo valga”.

Inoltre è un media versatile, che si adatta a grandi gruppi e Pmi, senza limiti di settore. Ma bisogna essere consapevoli (come un tempo per i primi siti web, poi per i video aziendali e infine per i social media) che se lo si fa solo “perché è di moda” è meglio evitare. Invece ci si può far conquistare se si hanno idee chiare sulla propria identità e c’è voglia di mettersi in gioco in una precisa strategia di comunicazione. Il podcast è ancora uno spazio aperto, da avvicinare con la cautela dovuta a un ambiente insolito ma anche ricco di potenzialità.

“Visto che parla di te e della tua identità, il podcast ha un senso se lo collochi all’interno di un ecosistema di comunicazione aziendale”, spiega Gaia Passamonti. “Ti devi chiedere che obiettivi hai, che pubblico vuoi raggiungere, portando la narrazione anche nei contesti che normalmente non toccheresti. Poi devi pensare a “costruirlo” bene, considerando che chi lo ascolta sta facendo anche altro. E quando entri nei momenti “privati” non fai pubblicità e non vendi prodotti, ma rispetti l’ascoltatore e gli dai contenuti interessanti. In cambio il podcast ti aiuta a posizionarti, ti fa incontrare pubblici nuovi in territori inesplorati”.

Sul piano tecnico è una produzione complessa e comporta un lavoro molto articolato, che richiede la presenza di figure professionali sia sul lato autoriale che tecnico: insomma, non è un compitino amatoriale, parte da un progetto già molto elaborato e che prende forma grazie all’esperienza di chi scrive, dei fonici, di montatori e sound designer. E a proposito, che posto occupa nella comunicazione aziendale? Se questa fosse una torta sarebbe tra gli ingredienti base dell’impasto: è un elemento chiave nella costruzione dell’identità, non è una decorazione o una ciliegina, altrimenti sarebbe un errore e uno spreco di energie.

Ma da dove nasce l’efficacia del branded podcast? Come fa la voce a portare il contenuto così vicino a chi ascolta? “Il motivo è sia fisiologico che culturale. Alla voce non occorre la decodifica che ci permette di leggere i segni dell’alfabeto”, chiarisce Gaia Passamonti. “E attiva un effetto speciale che crea simpatia e attaccamento, oppure al contrario ostilità e freddezza. Tutti ricordiamo con tenerezza le fiabe: in realtà stiamo ricordando soprattutto la voce della mamma che ce le leggeva. Il podcast funziona così: sembra che parli proprio a noi. Viene da un percorso umanistico e ci riporta alla tradizione narrativa orale del passato più antico, quando era con il racconto a voce che si tramandavano storie, miti e valori”.

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