Dall’aeroporto di Verona alla finanza, ai quotidiani Gedi-Repubblica: così la lobby del Veneto orientale vuole continuare a guidare la Regione

(p.d.) Visto da Verona il Veneto appare lontano. Anche se ci siamo dentro, immersi fino al collo. Lontano perché non ci sono veronesi nella stanza dei bottoni. Lontano perché le decisioni e le manovre del potere, quello sostanziale, non quello formale, vengono prese altrove e sopra le nostre teste. E queste decisioni, vedi la vicenda Aeroporto Catullo, ci penalizzano. Lontano perché noi e i vicentini contiamo poco. In tutti i sensi. La signora Maria è convinta che il potere abbia la faccia di quelli che vede in tv, del presidente o degli assessori regionali. Ma non è proprio così.
Il sistema di potere che esiste in Veneto non è molto diverso da quello di Galan. Sono passati tredici anni da quando il corpulento capo veneto di Forza Italia non è più a Palazzo Balbi. E’ c’è anche stata la bufera giudiziaria che lo ha annientato politicamente. Ma il sistema regge ancora. Ed è tutto incentrato nel triangolo Venezia-Padova-Treviso. E Verona e Vicenza rimangono immancabilmente tagliate fuori. E i risultati si vedono.
Poco importa se dal 2010 c’è Zaia alla guida della giunta regionale. La realtà è che possono cambiare i partiti, i governi regionali e le amministrazioni locali, ma il potere economico, capace di condizionare quello politico, rimane sempre quello.
Questo è il sistema. Un sistema pervasivo che tende ad inglobare tutto, nel quale è centrale la figura di Enrico Marchi, nella foto, il finanziere noto per essere stato molto vicino a Galan, che è il padrone della Save, la holding che controlla, tra l’altro, la banca Finint e gli aeroporti di Venezia, Treviso e Verona. Un sistema che continua a muoversi per consolidarsi ulteriormente.
Sul Gazzettino di ieri la notizia che Federico D’Incà, bellunese, ex ministro grillino ai Rapporti col Parlamento è diventato consulente strategico della Save. Un posto di potere rilevante, specie se si considera che siamo alla vigilia delle elezioni regionali che dovrebbero svolgersi nel 2025, il cui esito è decisivo per stabilire se questo sistema di potere deve continuare o no. E quindi sono in corso grandi manovre da parte di chi questo potere non lo vuole assolutamente perdere.
Assieme a D’Incà, al desk della holding di Marchi, c’è anche Paolo Possamai, ex direttore de ‘la Nuova Venezia’, de ‘il Mattino di Padova’ e de ‘la Tribuna di Treviso’ – tutte testate left-wing– dove svolge il ruolo di consulente strategico per le relazioni istituzionali anche della controllante Banca Finint. Paolo Possamai è il padre di Giacomo, capogruppo Pd in Regione, candidato per diventare sindaco di Vicenza, che va al rinnovo dell’amministrazione a primavera. La caduta di Rucco, com’è avvenuto a Verona l’anno scorso per Sboarina, per il centrodestra sarebbe un pessimo segnale in vista delle regionali. Una pericolosissima inversione di tendenza. Nel momento cui la coalizione a guida Meloni vince dappertutto, perdere il Veneto, considerato a torto o a ragione la Vandea italiana, sarebbe davvero il colmo!
Ma i movimenti che si registrano nel sistema di potere in cui Marchi è centrale lasciano qualche preoccupazione.

Specie si si considera che proprio Possamai padre potrebbe gestire l’acquisto dalla famiglia Agnelli dei quotidiani veneti Gedi-Repubblica (Nuova Venezia, Mattino di Padova’ e Tribuna di Treviso) per una cordata di imprenditori veneti guidata da Marchi. Un’operazione che andrebbe a consolidare quel sistema di potere attraverso la comunicazione che, come si sa, è fondamentale per creare il consenso.

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