Grano. Il malessere nel mondo agricolo e la sovranità alimentare

Nel mondo agricolo c’è molto malessere per la situazione del grano. Se ne parla poco. I contadini sono persone abituate più a lavorare che a parlare. E lamentarsi non fa parte della loro cultura. Tipo umano, purtroppo, in via d’estinzione. Ma adesso anche loro sono arrivati ad un punto limite della sopportazione. Il perché è presto detto. Prendiamo il grano, tanto per guardare uno dei prodotti alla base dell’alimentazione. La produzione del frumento è crollata di circa il 30%. Contemporaneamente i costi sono aumentati del 40%. Ma tanto, uno pensa, lo importiamo.

Grano. Il malessere nel mondo agricolo e la sovranità alimentare

Per la maggior parte importiamo grano da paesi che autorizzano l’impiego di Ogm, quotato dai stessi nostri mercati. I produttori di mangimi lo utilizzano e lo dichiarano in etichetta. In Italia questo sistema di produzione, che farebbe risparmiare molto sull’utilizzo di fitosanitari, è vietato. Inoltre si è di recente vista una impennata di importazione di grano dal Canada, che in fase di pre -raccolta utilizza glifosate, considerato probabile cancerogeno dall’International agency of research on cancer.

Il grano e la sovranità alimentare

Il problema è che se non produciamo il grano, non abbiamo più la sovranità alimentare. E siccome, la storia insegna, non si sa mai…Meglio averla. Non a caso l’agricoltura si chiama settore primario. Cioè quello che viene prima degli altri. Ed effettivamente mangiare significa vivere e, come dicevano i nostri progenitori ‘primum vivere, deinde philosophari ( prima bisogna vivere, poi si può parlare di filosofia).  La sovranità di uno stato che ha bisogno degli altri per vivere è una sovranità limitata. L’Italia, tanto per capirsi, dipende dall’estero per il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci.

Grano. Il malessere nel mondo agricolo e la sovranità alimentare

Poi perché è giusto garantire il giusto guadagno a chi produce un alimento tanto prezioso. Ma questo non accade. Il grano è sottopagato e chi lo coltiva e lo produce il più delle volte non riesce nemmeno o a coprire i costi. E pare non valere nemmeno la legge della domanda e dell’offerta. Nonostante il raccolto sia diminuito drasticamente il prezzo riconosciuto al produttore invece di aumentare è calato. 

Un chilo di pane, per fare il quale ci vogliono circa 800 grammi di farina di grano, costa dai 3 ai 5 euro. Nella grande distribuzione i prezzi dei prodotti dal grano sono aumentati dell’11%. Ebbene per un chilo di grano all’agricoltore vengono pagati 21 centesimi, il 32% in meno rispetto al 2022. 

Dal grano al pane il prezzo aumenta di 17 volte. Una bella differenza, che non va certo nelle tasche dell’agricoltore.

Le quotazioni sono rilevabili settimanalmente accedendo ai portali delle  borse merci. Per Verona: https://www.portaleprezziverona.it/camcom-verona/it/borsa-merci ; per Bologna: https://www.agerborsamerci.it/listino-borsa/settimanale-ager/ .I prezzi a scaffale variano ovviamente a seconda della catena di distribuzione.

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