La conta dei danni, e la resa dei conti: la ristorazione in ginocchio chiede aiuto

(in aggiornamento) di Marco Danieli – Stamattina in piazza Bra grande manifestazione regionale di protesta organizzata dalla Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) davanti a Palazzo Barbieri, qui le voci della protesta, location scelta come punto di riferimento istituzionale della città, non certo come obiettivo della protesta, anche perché il sindaco è sceso fra i manifestanti a testimoniare la solidarietà sua e di Verona. Il settore a livello nazionale perderà 27 dei 96 miliardi di produzione realizzata, 8,5 milioni di perdite soltanto a Verona. La manifestazione è stata molto partecipata in quanto sono arrivate centinaia di esercenti da tutto il Veneto ed è stata soprattutto una manifestazione pacifica, civile, corretta a dimostrazione che quelli che sono scesi in piazza sono persone perbene che chiedono solo di lavorare. Niente di più. Niente violenti, niente teppisti. Solo una decina di grandi tovaglie bianche apparecchiate a terra a simboleggiare i tavoli vuoti, mentre riecheggiavano, più eloquenti delle urla che non ci sono state, le note del “silenzio” dalla tromba di uno dei manifestanti.

Il messaggio dei presenti, non solo operatori della ristorazione, ma anche titolari di società di catering, palestre e piscine, rivolto al governo è di rivedere subito la norma dell’ultimo DPCM di Conte che impone la chiusura dei pubblici esercizi alle 18, rendendo insostenibile l’economia di quelle piccole imprese che lavorano soprattutto alla sera. La semplice attività di asporto, unica consentita dopo l’orario di chiusura, non basta a far quadrare i conti, hanno affermato con forza i ristoratori. Come non basta la promessa del ristoro fatta oggi dal capo del governo, che consisterebbe nel far pervenire direttamente sui conti correnti dei titolari delle aziende penalizzate dal DPCM il ristoro entro il 15 novembre, per quelli che già ne avevano fatto domanda a primavera, ed entro il 15 dicembre per coloro che ne facessero domanda adesso. “Se le nostre aziende chiuderanno – ha detto uno dei presenti- il ristoro servirà a ben poco!”

“Dobbiamo bloccare la diffusione del virus – ha sottolineato in piazza il sindaco Federico Sboarina –, ma non si può continuare a colpire il diritto al lavoro, rischiando di far morire di fame intere categorie di commercianti e imprenditori. Sono qui perché come voi trovo illogiche alcune misure prese dal Governo. Sono sempre al fianco della mia comunità, tanto più ora che si trova ad attraversare questo difficile momento. Il vostro dissenso, espresso nel rispetto del civile confronto, è anche il mio. Non siete soli, sono dalla vostra parte. Farò di tutto per aiutarvi. Intanto cominciamo a farci sentire a Roma, insieme ai sindaci della provincia che vorranno, ho firmato la lettera di Confcommercio alla Presidenza del Consiglio in cui si chiedono tre cose: l’allungamento degli orari, tempi certi per gli aiuti economici prima di arrivare ai fallimenti e potenziamento dei controlli. La città di Verona chiede di poter lavorare, il messaggio che parte da qui oggi è di usare il buon senso, il virus non gira solo di notte. I nostri imprenditori commerciali hanno già fatto investimenti per mettersi in regola per questo il Comune ha già fatto quel poco che è in suo potere per sostenerli. Dopo l’ultimo Dpcm, come Comune abbiamo immediatamente provveduto ad aprire la ZTL e a prorogare i plateatici. Misure volte a dare una mano a tutte quelle attività che hanno dinostrato di lavorare in sicurezza”.

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail