La Corte Costituzionale ha bocciato il Piano Faunistico Venatorio della Regione Veneto

(di Michelangelo Federici di Gorzone*) Con sentenza n° 148 depositata il 18/07/2023, la Corte Costituzionale ha bocciato -quindi reso nullo- il Piano Faunistico Venatorio della regione Veneto per il quinquennio 2022 – 2027.  I “piani faunistico venatori”, sono documenti che riguardano la caccia, la fauna, la gestione del territorio e la sua suddivisione in istituti venatori. Sono elaborati dalle Regioni –a farlo dovrebbero essere tecnici del settore– ed hanno validità quinquennale. In Veneto, dopo aver prorogato per anni il piano precedente, si è finalmente arrivati al piano sopra indicato. 

Perché capiscano quanto è accaduto anche quei lettori digiuni di cose venatorie, dobbiamo dare una breve illustrazione dell’organizzazione del territorio cacciabile nella nostra provincia, perché quanto accaduto è dipeso da una errata proposta della Provincia di Verona. E non mi riferisco a proposte dei Politici della provincia, ma dei tecnici faunistico-venatori responsabili di tale area. 

La zona montana e collinare è definita Zona Alpi”, dove i territori cacciabili sono chiamati “Comprensori” e normalmente coincidono col territorio dei Comuni. Territori piccoli, ove il rapporto cacciatori/ettari è più restrittivo, ove possono cacciare solo i residenti ed eventualmente qualche non residente se avanza qualche posto. Non è possibile iscriversi a più di un Comprensorio. In conclusione: meno cacciatori con maggior conoscenza del territorio, che debbono superare un apposito esame su fauna e flora alpina e che, se vogliono cacciare gli ungulati (caccia di selezione), devono seguire un corso molto impegnativo e superare un esame innanzi ad una commissione regionale. 

La zona che potremmo definire di pianura è suddivisa in A.T.C. (ambiti territoriali di caccia). In provincia di Verona ve ne sono 6. Sono aree incomparabilmente più grandi dei Comprensori Alpini, con un rapporto cacciatori/ ettari più alto ed ovviamente quasi sempre con fauna diversa e meno “delicata” della tipica alpina. Un cacciatore può iscriversi a più ambiti, dando origine al quel “migratorismo venatorio” tanto nocivo se non esiziale per la buona gestione. 

Vi sono poi le Riserve di caccia private, su piccoli territori, ove la caccia è riservata al Concessionario che paga le relative tasse ed ai suoi invitati/clienti.  Citiamo ancora le zone protette, zone di ripopolamento e cattura e altre dove la caccia è vietata. 

La Corte Costituzionale ha bocciato il piano per due motivi.
Il primo, che a noi poco interessa, di ordine formale: il piano doveva essere un provvedimento amministrativo e non una legge regionale. 

Il secondo, ben più pratico ed interessante. In provincia di Verona si era proposta la riduzione della “Zona Alpi” a favore degli A.T.C. di pianura, cosa evidentemente molto gradita e richiesta da alcuni Presidenti di A.T.C. confinanti appunto con quest’ultima zona. Il criterio adottato era quello altimetrico, sostenendo che la zona Alpi arrivava fino a quote troppo basse per essere considerata tale. La Regione accettò questo criterio suggerito dai tecnici locali e, nel piano faunistico, venne tolto terreno ad alcuni Comprensori Alpini e l’intero territorio di Rivoli, in favore dell’ A.T.C. 1. 

Occorre però fare una parentesi: ancora nel 2021, appena saputo dell’intenzione di ridurre la Zona Alpi, noi di Accademia Veneta di Gestione Faunistica (della quale mi onoro di essere responsabile e che annovera alcuni dei maggiori scienziati, studiosi di cose inerenti alla gestione faunistico-ambientale) immediatamente scrivemmo all’Assessore Regionale. Vi era un principio gravemente errato nella richiesta di riduzione della Zona Alpi perché (a filo di logica scientifica) il discrimine non può essere la quota altimetrica, ma la presenza delle tipiche specie di fauna alpina. 

Osservavamo, a sostegno di ciò, che, per le mutate condizioni, oggi i boschi arrivano a lambire la pianura e, in seguito a buoni interventi di selezione, il Capriolo è presente quasi ovunque, in Valpolicella abbiamo Camosci a 400 metri di quota e cervi anche nei fondovalle. Questa fauna (soggetta al solo prelievo selettivo su censimento/piano di prelievo, è fauna delicata e va ovviamente tenuta in strutture più protette. Ecco il perché del nostro intervento, non a filo di “politica” ma a filo di scienza e tecnica gestionale. La regione neppure ci rispose e nel nuovo piano faunistico vennero tolti territori alla Zona Alpi e dati all’ A.T.C. 

Il secondo motivo di rigetto dell’intero Piano per la Corte Costituzionale era proprio la sottrazione di aree alla Zona Alpi perché: il discrimine non può essere la quota altimetrica, ma la presenza delle tipiche specie di fauna alpina. 

Al di là della nostra soddisfazione per quanto riconosciuto dalla Corte, occorre porsi alcune domande: la proposta errata è partita da Verona e si può capire la voglia degli A.T.C. di allargarsi in aree migliori, ma ci dovrebbe essere un tecnico in possesso di un titolo di laurea, responsabile per il nostro territorio. Ora questo signore, se c’è, ha dato il suo avvallo all’errore di ridurre la Zona Alpi, collaborando così a causare la sentenza della Corte Costituzionale su ricorso encomiabile di Rivoli veronese.

E allora: ci sono ‘tecnici’ che tecnici non sono? Che seguono principi ed obbiettivi diversi da quelli scientifici ? 

A parte il tempo perso a fare e disfare ed alla figura non propriamente brillante degli estensori del Piano, pensate solo alle spese legali sostenute dalla Regione in avvocati, ricorsi, ecc.  E sono comunque spese con soldi nostri. 


*Presidente Associazione Selecacciatori Veronesi
 Responsabile Accademia Veneta di Gestione Faunistica
 Portavoce del Coordinamento Veneto di gestione faunistico-ambientale 

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