Ubi: «Premiato il connubio banca-impresa»

Grande entusiasmo nelle stanze di via Garibaldi: i risultati dell’esercizio 2005 sono stati brillanti in rapporto al credito e ai finanziamenti erogati alle imprese. Presentato dall’amministratore delegato Vittorio Ogliengo (nella foto) e dal direttore generale Mario Aramini, il bilancio 2005 di UniCredit Banca d’Impresa. «La corporate del gruppo UniCredit ha risposto alle esigenze del mondo imprenditoriale, – hanno ribadito Oglieno e Aramini – con iniziative che hanno prodotto un incremento annuo di oltre 5,6 miliardi di euro dei finanziamenti a imprese ed enti. [//]Di conseguenza, al 31 dicembre 2005 il totale dell’attivo si è attestato a 60.632 milioni di euro. L’88% dell’attivo è costituito dai crediti verso la clientela, che ammontano a 53.554 milioni di euro, in sensibile crescita (+11,8%) rispetto al dato dell’anno precedente in coerenza con una politica espansiva che, nei primi 3 anni di attività, ha prodotto oltre 13 miliardi di nuovo credito alle imprese».
Anche nel 2005 l’attività di erogazione della corporate di Unicredit si è focalizzata sopratutto sui segmenti delle medie e piccole imprese e sull’offerta di soluzioni a medio e lungo termine. A livello nazionale, ha infatti fornito circa il 20% del credito aggiuntivo complessivamente erogato nell’anno dal sistema bancario alla clientela core, portando così al 13,5% il proprio inserimento su tale mercato. «A testimonianza del rilevante sostegno fornito alle piccole imprese, – proseguono i vertici di Ubi – è il fatto che buona parte (circa il 27%) del credito aggiuntivo erogato nell’ultimo anno è andata a vantaggio di imprese con fatturati fino a 5 milioni. Molto vivace è stata la dinamica della componente a medio lungo termine (+19%), che è arrivata a fine anno a rappresentare il 48% del totale del portafoglio degli impieghi con la clientela. Il lavoro di riequilibrio delle scadenze del debito svolto nel triennio da Ubi con le aziende clienti ha contribuito ad avvicinare la struttura dell’indebitamento bancario delle imprese italiane alla media europea, riducendo un gap che ne penalizza la competitività».
Per quanto riguarda i numeri, l’utile netto è cresciuto a 530 milioni di euro (+5%), gli indicatori di redditività sono a un livello di eccellenza, con il Roe che si attesta al 13,2% e il cost/income ratio che si posiziona al 29,1%. La forte dinamica delle erogazioni alla clientela core della banca abbia contribuito a ottenere un margine di interesse di 1.309 milioni (+1,7%). Il margine di intermediazione è salito a 1.922 milioni, con uno sviluppo annuo del 2,7%. Il patrimonio netto della banca, comprensivo dell’utile di competenza, è salito a 4.547 milioni di euro. Sul fronte della finanza d’impresa, Ubi ha scelto di portare anche sulle piccole e medie imprese soluzioni solitamente riservate alle grandi aziende, costituendo sul territorio di ciascuna regione commerciale dei nuclei di specialisti, una task force di 50 esperti incaricati di intercettare le esigenze delle imprese in tema di finanza per la crescita, passaggi generazionali, accesso al mercato dei capitali, riassetti societari, e di proporre le soluzioni più efficaci. A questo si aggiunge un pacchetto i soluzioni, ‘Ubi per lo sviluppo delle imprese’, finalizzato a sostenere il rafforzamento patrimoniale e la crescita dimensionale delle aziende, con particolare attenzione a quelle minori. Si tratta di una gamma di prodotti di finanza d’impresa, per i quali la banca ha stanziato un plafond di 3 miliardi di euro.
Per quanto riguarda i benefici derivanti dall’integrazione con la tedesca Hvb, già a partire dalle prossime settimane inizieranno a essere trasferiti sulla clientela alcuni effetti tangibili di questa operazione. Il primo esempio è costituito dal ‘progetto cross border’, che prevede un pacchetto di servizi per le imprese italiane che abbiano, o intendano costituire, società controllate, sussidiarie o unità operative in almeno un altro dei diciannove Paesi in cui il gruppo Unicredit è presente con proprie banche. Le stime indicano circa 27 mila aziende potenzialmente interessate, in prevalenza medie imprese, oltre che piccole aziende che hanno già intrapreso, o stanno pianificando, attività sui mercati internazionali.

L’Adige, 1 Aprile 2006, pag. 6

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